Anita - in arte Senith - del collettivo drag "Eyes Wild Drag" presenta Genderotica
Fervono i preparativi per quella che sarà la quarta edizione del GendErotica Festival, in programma a Roma dal 22 al 24 maggio negli spazi del Nuovo Cinema Palazzo nel quartiere storico di San Lorenzo. Come ogni anno la macchina organizzativa, guidata saldamente dal collettivo Eyes Wild Drag, gruppo Queer Gender Drag di Roma, tra i più importanti nel panorama drag king italiano, è già in movimento su tutti i fronti: calendario, ufficio stampa, contatti con gli artisti e soprattutto attività di fundraising. Perché mentre in altre capitali europee la cultura queer e gli eventi artistici a tema, vengono finanziati e organizzati anche all’interno di spazi ufficiali, in Italia questo avviene di rado. Le risorse per le attività culturali scarseggiano, ancor più se si tratta di eventi che, attraverso l’espressione artistica, interrogano e stimolano il pubblico sulla sessualità, l’identità di genere, i desideri e gli immaginari che si collocano fuori dall’etero-normatività, intesa come la naturalizzazione dell'eterosessualità quale normale espressione delle relazioni sessuali. Abbiamo incontrato Bianco e Senith (che insieme a Spruzzy formano il collettivo delle Eyes) e abbiamo chiesto loro di presentarci il Festival e la comunità, sempre più grande e appassionata, che si muove attorno all’evento.
Quarto anno di Festival. Cosa è cambiato dalla prima edizione? Cosa ci sarà di imperdibile?
Bianco. Sono cambiate l’ambizione e la consapevolezza di creare un evento atteso dalla comunità queer e non solo. La prima edizione, nata da un ‘bisogno privato’ di parlare con gioia ed erotismo di trangenderismo e di promuovere l’estetica queer, ha incontrato lo stesso bisogno da parte di altr* individui e/o gruppi. Da GendErotica ci si aspetta di conoscere forme espressive e storie queer che vengono da lontano, selezionate con molta cura per qualità artistica più che per un’adesione ‘ideale’ a concetti e principi. E oggi è diventato un festival sempre più vivo, anche come spazio di condivisione con altr* individui o gruppi desiderosi di esprimersi, di conoscere e di confrontarsi, partendo dai temi che ad ogni edizione funzionano come focus, non tanto di sintesi ma di canalizzazione di immaginari, pensieri e pulsioni.
Senith. E’ cambiata l’incoscienza. La prima edizione di GendErotica è nata grazie ad un finanziamento dell’Osservatorio lgbtq del Comune di Venezia, nel 2009, mentre, per quanto riguarda le ultime due edizioni, prima nasce il progetto e poi, intorno a quello, ci inventiamo le modalità di finanziamento, nella totale precarietà. In cambio, l’asticella delle nostre esigenze artistiche e “politiche” (nel senso più ampio del termine) si alza sempre di più. Quest’anno non ci saranno solo performance ma anche spettacoli teatrali di prestigio (uno su tutti, Naked in Alaska, di Valerie Hager, spettacolo pluripremiato ai principali Fringe Festival del mondo). Oltre ai documentari e ai cortometraggi, ci saranno anche lungometraggi. Senza contare tutte le altre sezioni di arte, laboratori, performance, queer infection, dibattiti che saranno estremamente vitali. E’ cresciuta anche la capacità di fare rete e la volontà di collaborare e sostenere l’evento, grazie anche all’impegno volontario di molte persone che si sentono coinvolte.
In questi mesi avete organizzato incontri e le serate della Queerrida, contest di cabaret queer. Che risposta avete avuto?
Bianco. La risposta è stata al di sopra delle aspettative, che erano ovviamente di condivisione e di ricerca di stimoli. Hanno partecipato persone già coinvolte nell’edizione precedente, e tante altre nuove sono e saranno parte integrante dell’organizzazione e del disegno della cornice del festival. Il tema della sessualità come pratica consapevole di conoscenza, liberazione e scoperta, nelle forme più diverse, anche al di là del discorso di decostruzione dell’eteronormatività, sta facendo convogliare in GendErotica 2015 desideri, immaginari, pratiche, all’insegna della leggerezza, a dispetto delle dogmaticità preconcette. Sopratutto in virtù del confronto aperto con realtà autorganizzate ma non queer, come il Nuovo Cinema Palazzo e l’Esc; del contributo di persone con pratiche consolidate nel BDSM (acronimo che identifica e definisce un insieme di pratiche relazionali e/o preferenze sessuali, tra due o più persone adulte, basate sulla dominazione e la sottomissione, ndr); dell’inclusione di un percorso collettivo femminista, seppure non in modo esclusivo; dell’entusiasmo di tante persone che, sopratutto grazie alla Queerrida, hanno deciso di decostruire quello che lo specchio e la norma rimandano delle nostre tante identità.
Senith. Il percorso di questi mesi con GendErotica Lab o la Queerrida sono due modi diversi per spostare l’attenzione su GendErotica. Uno più legato al dibattito culturale, l’altro più ludico. Ma entrambi i percorsi hanno portato GendErotica all’attenzione di persone e contesti che ancora non lo conoscevano. Negli anni si è formata una comunità queer romana ma adesso la scommessa è riuscire, attraverso le esperienze artistiche, a saldare il legame tra le varie identità che comprende.
Sono anni che viaggiate per i vostri spettacoli, in Italia e all'estero e sappiamo quali differenze ci siano tra il nostro paese e gli altri. Avete riscontrato però col passare degli anni un cambiamento nella tipologia di pubblico e nel suo manifestare interesse?
Bianco. Anni di proposte performative, di costante lavoro sulla decostruzione dei generi anche attraverso i laboratori King e Fem, le quattro edizioni di GendErotica, secondo me, insieme ad altre esperienze romane come Ladyfest e Weird, hanno creato una rete vivacissima e molto aperta. Quando abbiamo iniziato esisteva poco altro dall’intrattenimento festaiolo da discoteca, che non ho paura a definire oggi molto noioso e squisitamente commerciale.
Quanto può contribuire l'arte alla creazione di un immaginario più libero?
Bianco. Nella pratica queer, secondo la mia esperienza, non è proprio possibile saltare il passaggio creativo. Attraverso il consapevole atto performativo, che si può definire come la creazione prima di tutto di uno slittamento della propria identità in altre, si esce effettivamente trasformati e, quantomeno, con la voglia di sentirsi più liber* nella rappresentazione di sé.
Senith. E’ fondamentale. Quando l’arte parla al proprio tempo diventa uno strumento efficacissimo di lotta e di desiderio. La catarsi artistica genera possibilità alternative. Forse non ce ne accorgiamo finché non ne rimaniamo privi, ma l’arte è davvero un ingrediente essenziale a noi stess* e alle nostre lotte. Quando si assiste a una serata del festival, si esce con la certezza che le performance, gli immaginari raccontati, i discorsi affrontati siano ancora in grado di smuovere interrogativi, presenze, sfide.
Un sogno artistico da realizzare nei prossimi anni.
Bianco. Portare i laboratori sui generi nelle scuole e nelle carceri....il sogno vero sarebbe che non esistessero più strutture tanto coercitive, ma decido di volare basso. E l’altro sogno per la prossima edizione di GendErotica è riuscire a dare agli artisti un compenso per il loro lavoro.
Senith. Immaginare una nuova edizione di GendErotica vuol dire, per quanto mi riguarda, ripensare completamente le modalità organizzative. Credo che il prossimo passaggio, se l’asticella si alza nuovamente (e non potrebbe essere altrimenti), debba riguardare prima di tutto il riconoscimento concreto del valore artistico e culturale di ciò che si crea e si offre, per tutti e da parte di tutti. Il sogno più grande è quello di avere un luogo stabile di promozione di arte e cultura queer a Roma. Le idee non ci mancano. Quelle che non esistono, in un paese come il nostro, sono sempre e solo le risorse.
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