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Una riforma neutra?

Una riforma neutra?

La Costituzione oggi e (forse) domani / 2 - Alcune riflessioni sul perché il Referendum ci riguarda come donne. E perché non dobbiamo temere il cambiamento

Bartolini Tiziana Martedi, 08/11/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2016

L’art 55 della riforma approvata dal Parlamento fa esplicito riferimento “all’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza” parlamentare, come previsto anche dall’art. 122 per le elezioni regionali. Quindi i principi di salvaguardia della presenza di donne nelle assemblee elettive sono stati accolti nella riforma che il 4 dicembre è sottoposta a referendum costituzionale. Ma l’affermazione di tali principi, accanto all’art 3 che sancisce la “pari dignità sociale” senza distinzione di “sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali” non esaurisce gli argomenti per un possibile esame della riforma da un punto di vista di genere. Le donne, più o meno organizzate, sono divise tra i due fronti del Sì e del No. Le sostenitrici del No in un volantino accusano la riforma di creare un deficit di democrazia, di trasparenza, di legalità, di partecipazione: in sostanza sottoscrivono le ragioni neutre - ovvero maschili - del No incasellandole nelle griglie dei ‘classici femminili’. Dicono, per esempio: le donne sostengono la partecipazione, ma se le firme per le proposte di legge di iniziativa di popolare passano a 150mila c’è meno partecipazione. Oppure: le donne sono a favore dell’innovazione, ma il nuovo sistema (con il superamento del bicameralismo perfetto) potrebbe amplificare il rischio di conflitti e immobilismo.

Ora, una delle poche evidenze su cui c’è poco da discutere è la crisi della rappresentanza e delle forme organizzate della politica di cui i partiti sono l’espressione. A tale pericoloso declino, un piano inclinato che sembra non avere fine, la vigente Costituzione non ha saputo porre argine. Sembrerebbe logico, quindi, immaginare qualche cambiamento e sarebbe logico affrontarlo senza troppi allarmismi e ipotesi catastrofiste. Con la vigente Costituzione la corruzione ha potuto dilagare quasi indisturbata. I riflessi negativi di un fenomeno di proporzioni immense li paghiamo soprattutto noi donne, con i tagli ai servizi sociali. Con la vigente Costituzione sono cambiati nei decenni vari sistemi elettorali, fattore che non ha impedito il progressivo imbarbarimento della politica. A farne le spese, di nuovo, noi donne perché tendiamo ad autoescluderci da lotte prevalentemente personalistiche e poco connesse all’interesse collettivo. Qualsiasi donna, nella gestione della quotidianità come lavoratrice, come madre, nonna o figlia si scontra con una burocrazia ottusa e cieca di fronte alla realtà vera e viva. La Costituzione non ha un legame diretto con il funzionamento dell’apparato statale, ma siamo sicure che l’approvazione di una riforma così importante non possa rappresentare una scossa positiva? Che lo si voglia o meno, il No è un messaggio di conservazione e quindi di rafforzamento dell’esistente. Se questo non è un paese per donne, come spesso sosteniamo, allora dobbiamo guardare avanti senza paura. Occorre una precisazione. Il rifiuto della conservazione non equivale all’adesione alla teoria della rottamazione. È una postilla indispensabile in una campagna referendaria che molti vogliono ridurre al sostegno o meno del governo in carica. Noi donne siamo troppo navigate per cadere in questa trappola. E ci è chiaro che dire Sì alla riforma - o rigettarla - non è un fatto politico neutro.

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