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Un golpe al tempo delle Olimpiadi

Un golpe al tempo delle Olimpiadi

Brasile - Il paese che si prepara ai giochi è attraversato da un crisi politica che mette a confronto un gruppo di uomini e Dilma Roussef

Angelucci Nadia Venerdi, 01/07/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2016

Nel giorno della votazione dell’impeachment a Dilma Rousseff il deputato del Partito Social Cristiano Jair Bolsonaro, conosciuto per le sue idee razziste ed omofobe, ha concluso la sua dichiarazione di voto contro la presidente con una dedica a Carlos Alberto Brilhante Ustra, “terrore di Dilma”. Brilhante Ustra, ex capo del Doi-Codi, organo d’intelligence e repressione del regime militare durante la dittatura del 1964-85, é stato il responsabile dei tormenti subiti da Dilma quando fu sequestrata, torturata e picchiata per ventuno giorni, e in seguito condannata a sei anni di carcere (poi tramutati in tre). Bolsonaro ha così reso chiaro da dove hanno origine le sue posizioni politiche e quale e quanto profondo sia il suo odio nei confronti di Dilma.

Il governo ad interim di Michel Temer (Partido del Movimiento Democrático Brasileño - PMDB), costituitosi dopo la messa in stato d’accusa e la conseguente sospensione della presidente eletta, avrebbe dovuto scandalizzare il mondo: un esecutivo formato essenzialmente da un gruppo di uomini bianchi, adulti, indagati. In Brasile la totale assenza di donne (prima volta dopo la dittatura) e di afrodiscendenti ha sollevato molte polemiche che sono sfociate in partecipatissime manifestazioni al grido di “I Ministeri senza donne sono dei Machisteri" e “Non riconosco questo governo golpista, misogino e oppressore”. Di fronte alle proteste, in particolare dei movimenti femministi, Temer ha ‘rimediato’ nominando una donna alla Banca per lo Sviluppo (BNDES) ma sono scomparsi il Ministero della Donna, dell’Uguaglianza Razziale, dei Diritti Umani e la Segreteria per la Gioventù (che aveva un rango ministeriale) che sono entrati a far parte del Ministero della Giustizia.

La crisi brasiliana ha mostrato così la sua faccia più maschilista e conservatrice. Gli attacchi contro la presidente, iniziati formalmente già dopo le elezioni del 2014 vinte di stretta misura, si sono trasformati in aprile in impeachment con l’accusa, per la verità assai debole, di aver truccato i conti pubblici del 2014 facendosi anticipare dalla banca i soldi per i programmi sociali - una pratica già messa in atto da governi precedenti e chiamata “pedaladas fiscais”. In pratica come spiega Marcelo Lavenere, ex presidente dell'Ordine degli Avvocati del Brasile e membro della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza dei vescovi brasiliani, la presidente avrebbe firmato decreti per l'apertura, nel bilancio, di crediti supplementari senza la necessaria autorizzazione amministrativa e avrebbe postergato la restituzione delle risorse dal Tesoro alla Banca del Brasile per il finanziamento di programmi sociali; ma i crediti non hanno determinato un aumento delle spese di bilancio (già coperte dalla soppressione di altre voci) e il ritardo nella restituzione era permesso dalla Corte dei Conti brasiliana.

Pur nella complessità della situazione ciò che emerge con chiarezza è da un lato il ritorno revanscista delle destre sudamericane e dall’altro la profonda cultura patriarcale che permea fortemente anche la società brasiliana. La stessa Rousseff in una intervista dei primi di giugno al quotidiano argentino ‘Pagina 12’ si è espressa su questo tema e ha detto che “in Brasile persiste una cultura di violenza e di disuguaglianza di genere che ha trovato in questo processo contro una presidente donna canali preferenziali per esprimersi. (…) Sappiamo che possiamo occupare qualsiasi ruolo istituzionale e che, nel momento in cui lo facciamo, dobbiamo affrontare il maschilismo e la misoginia che ancora pervade la società brasiliana. (…) Dover fare i conti con la leadership femminile, ricevere ordini da una donna, essere diretto da una donna sono novità che danno fastidio e perturbano il ‘cosiddetto’ ordine naturale della società nei nostri paesi”. Temer, presidente ad interim fino a quando non verrà concluso il giudizio, è l’ex vicepresidente di Dilma e su di lui pende la stessa accusa che grava su di lei, avendo anch’egli firmato quei decreti che adesso giustificano la messa in stato d’accusa della presidente eletta. E il suo stesso governo provvisorio a pochi giorni dall’insediamento ha dovuto affrontare una crisi in seguito alla divulgazione di intercettazioni che hanno convolto il Ministro della Pianificazione in cui si fa riferimento all’urgenza dell’avanzamento della procedura di impeachment contro Rousseff per “frenare l’indagine Lava Jato” sulla corruzione. “Bisogna cambiare il governo per fermare questa carneficina” si dice in un’altra conversazione intercettata.

È pur vero però che la presidenza di Dilma ha commesso anche parecchi errori: l’alleanza in Parlamento con partiti di diversa estrazione politica ha impedito la possibilità di sperimentare una vera trasformazione, e i gravi limiti espressi in relazione alla questiona indigena, energetica, agraria ed ambientale, alcuni dei quali hanno trovato parziale risposta solo negli ultimi mesi, hanno alienato l’appoggio di molta parte dei movimenti sociali, naturale sostegno del PT. Dilma sembra essere “tornata a casa” solo negli ultimi mesi, da quando l’offensiva neoliberale si è fatta più sostenuta, e questo fa rimpiangere ancora di più quello che poteva essere e non è stato. Le misure progressiste con le quali lascia il governo sono arrivate troppo tardi: la demarcazione di terre rivendicate da anni da indigeni e afrodiscendenti; l'espropriazione di aree per la riforma agraria; un aggiustamento del programma Bolsa Familia (programma nazionale di sostegno al reddito) che insieme a Minha casa minhavida e a Fame Zero hanno fatto emergere dalla povertà estrema 40 milioni di brasiliani. E ovviamente le misure annunciate o già prese dal governo Temer rappresentano un’inversione di marcia: possibilità di privatizzazione delle imprese statali a partire dalla Petrobras (impresa petrolifera), innalzamento della pensione minima a 65 anni per uomini e donne, tagli al sistema di salute pubblico, chiusura del Ministero dello Sviluppo Rurale e dei programmi di assistenza ai contadini mentre Blairo Maggi, il più grande produttore agricolo del paese, vero leader dell’agro business e chiamato ‘il re della soja” è stato nominato ministro dell’agricoltura.

Intanto i movimenti politici e sociali sono in piazza quotidianamente; UNASUR ha dichiarato che la situazione “pone a rischio la stabilità democratica della regione” e l’OEA che genera “insicurezza giuridica”; i Paesi dell’ALBA hanno parlato di “golpe”.

Dilma ha ribadito la sua resistenza ad oltranza mostrando lo stesso coraggio di quando, ventiduenne, affrontava a testa alta il Tribunale militare della dittatura mentre gli ufficiali che la interrogavano nascondevano il volto dietro le mani (vedi foto). “Ho forza e coraggio sufficienti per affrontare questa ingiustizia. (…) Ad un uomo non sarebbe stato riservato questo trattamento” ha detto. Una prima vittoria in questa lunga partita l’ha registrata i primi di giugno quando il Senato ha deciso di non accettare la richiesta di Temer di chiudere il giudizio politico prima dell’inizio delle Olimpiadi, richiesta inoltrata per cercare di evitare la destituzione di Dilma durante i giochi olimpici, quando l’attenzione mondiale sarà concentrata sul Brasile e le manifestazioni di appoggio a Rousseff e di rifiuto del suo governo potrebbero fare il giro del mondo. La Commissione Speciale dell’impeachment ha invece deciso di prolungare il giudizio fino a metà/fine agosto frustrando le richieste del governo. E secondo alcune indiscrezioni di stampa in Senato non ci sarebbe più la maggioranza di 2/3 necessaria per la conferma dell’impeachment e la destituzione di Dilma.

Tutto è pronto quindi. Le Olimpiadi e l’impeachment viaggeranno su due binari paralleli. Il Brasile in agosto sarà osservato speciale.



 

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