Nuove famiglie - Istituzionale, naturale, aperta, tradizionale. Certamente non più indissolubile, il legame familiare è andato ‘oltre’ le convenzioni e si riprogetta ogni giorno
Giancarla Codrignani Martedi, 27/05/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2014
La Chiesa fa bene a indire gli Stati Generali sulla famiglia: vedremo come andrà a finire dopo un questionario di consultazione tornato in Vaticano carico più di dubbi che di certezze.
Sarebbe bene che anche la società civile si interrogasse sulla struttura ormai priva delle caratteristiche tradizionali, anche se, da quando esiste la storia, non è mai stata la stessa secolo dopo secolo. Oggi sembrano in crisi proprio l'istituzionalità e perfino la "naturalità" di ciò che chiamiamo "famiglia". Anche perché in Italia domina il "familismo", che non ha a che vedere con la famiglia, ma con il sistema delle raccomandazioni, della falsa solidarietà, del sistema mafioso. E dei figli che restano a cuccia dalla mamma.
Comunque, fin qui siamo vissuti con l'idea che fosse normale, prima o poi, "mettere su" famiglia. Non era altrettanto normale che il primo requisito fosse l'amore e ancor meno - soprattutto per le donne - la libertà. Presunta l'unicità solidale della famiglia, indissolubile per i cattolici (anche per i laici bigotti), ma indulgente purché non ci fosse scandalo. Ormai le unioni sono felici e amorose sul piano relazionale finché restano tali, ma il diritto non si ferma più sulla soglia di una famiglia che poteva anche essere l'inferno dei maltrattamenti e dei femminicidi non indagati. Ma i genitori vegetano davanti alla tv e i ragazzi, se non escono, passano la sera ognuno davanti al proprio pc: in famiglia non ci si conosce, perché non ci si parla.
Nemmeno le chiese possono ripristinare né il rito (una festa poco simbolica), né la nuzialità (tutti si sono già giustamente conosciuti in senso biblico), né il "vincolo" superiore ad accadimenti o fallimenti umani.
Il femminismo ha chiaramente perduto l'occasione di contribuire a rinnovare le analisi partendo dal senso di ruoli che intrigano ancora, proprio a partire dalla famiglia, donne e uomini nella loro voglia di costruire mondi. Forse anche le vergini guerriere non si sarebbero illuse sulla fine del patriarcato. Forse avremmo intravisto il rischio di mutazioni biotecnologiche dei corpi e, con la conservazione del materiale riproduttivo, la riproduzione degli embrioni in vitro e l'ormai ultraventennale ricerca dell'utero artificiale, della gravidanza. Anche la fecondazione assistita e la ricerca del dna non sono prive di ombre giuridicamente inquietanti. Anche il riconoscimento delle coppie omosessuali comporta riflessione su nuove genitorialità. La libertà sessuale è, almeno potenzialmente, completa; ma il corpo sta diventando merce, dalla pubblicità alle prestazioni adolescenziali prive di erotismo. Le convivenze sono transitorie o durevoli senza nuova etica delle responsabilità personale e sociale; i matrimoni religiosi cedono al divorzio rotale, la natalità risponde a strana cultura del desiderio. Mancano gli approfondimenti culturali e l'educazione alla vita di coppia e della piccola comunità che si chiama ancora "famiglia".
Noi donne che cosa ci facciamo lì dentro?
Gli Stati continuano a fare della famiglia, cioè di noi, il più funzionale degli ammortizzatori sociali, mentre partiti, sindacati, enti e governi continuano a chiedere e ad erogare "nuovi interventi per la famiglia" senza chiedersi se la famiglia è contenta di riduzioni fiscali che non compensano neppure le spese scolastiche dei figli o se preferirebbe servizi e misure per incentivare il lavoro femminile, come richiesto dal censore europeo. La maternità condizionata dimostra che la libertà femminile vale zero. Fa rumore la notizia ricorrente che in India, in Cina o in Africa nascono meno bambini del previsto come se con l'accesso alla contraccezione, le donne vogliono fare meno bimbi e farli studiare. Se fossimo ovunque una risorsa politica - a prescindere dalla sopravvivenza della famiglia - il ben vivere sarebbe la priorità e anche una ministra della difesa si occuperebbe prima degli asili nido e dopo degli F 35: il nostro riformismo non è l'adeguamento al modello unico.
Lascia un Commento