Stop alle epidemie tra cinque anni ma serve il contributo degli Stati
In corso in questi giorni una serie di eventi per la sensibilizzazione sull'importanza del Fondo Globale per la lotta contro AIDS, tubercolosi e malaria.
Fermare per sempre le epidemie di AIDS, tubercolosi e la malaria è possibile. E’ questo il messaggio che è stato diffuso durante la Conferenza Stampa sul rifinanziamento del Fondo Globale per la lotta contro le tre epidemie, organizzata dall’Osservatorio italiano sull’azione globale contro l’AIDS, formato da un network di 13 Ong e da AIDOS, Associazione italiana donne per lo sviluppo.
I dati
I numeri presentati sono incredibili. Dal 2002, anno della sua istituzione, il Fondo ha salvato 17 milioni di vite, che al termine del 2016, saranno diventate 22 milioni. Come? Utilizzando i fondi per somministrare a oltre 8,6 milioni di persone terapie antiretrovirali, fornire cure a oltre 15 milioni di malati di tubercolosi e dotare singoli e famiglie di 600 milioni di zanzariere impregnate di insetticida per combattere la malaria. La prossima Conferenza di rifinanziamento prevista a Novembre in Canada sarà dunque decisiva per stabilizzare questi risultati o al contrario, se i fondi dovessero risultare insufficienti, per disperdere questo straordinario capitale di salute globale costruito in meno di vent’anni. Per il nuovo triennio 2017-2019 servono 134,5 milioni di dollari per combattere le tre epidemie, con un aumento del 12% rispetto al triennio precedente. Se i fondi infatti rimanessero invariati si assisterebbe a un progredire delle malattie che tornerebbero a essere emergenze fuori controllo.
Il documento presentato
Se non fossero già abbastanza convincenti i dati forniti, un ulteriore approfondimento dell’importanza strategica del fondo è contenuto nel documento curato dal Policy Advisor Marco Simonelli e presentato durante la conferenza stampa dello scorso martedì 14 giugno. Il paper mostra le zone di intervento, l’andamento dei finanziamenti negli anni (per il 95% pubblici) e gli straordinari risultati ottenuti. Scopriamo che della dotazione complessiva del fondo (oltre 29 miliardi fino al 2015) il 53% è servito per la lotta all’AIDS, il 28% contro la malaria e il 16% contro la tubercolosi. Gli interventi, che per il 63% finiscono nell’Africa sub-sahariana, per il 26% in Asia e per il 6,5% in America Latina, con le quote residue distribuite negli altri continenti, servono a permettere l’accesso alle cure ma anche a creare sistemi sanitari sostenibili e resilienti, oltre che a rafforzare i servizi per le comunità, esperienze sul campo, queste, raccontate da alcune ong tra cui Coopi, Amref, Medici con l’Africa, che hanno contribuito al documento. Un dato molto importante è quello relativo ai paesi in transizione, che stanno passando dall’essere paesi con un PIL basso a paesi a medio reddito e quindi non godono più della quantità di fondi di cui disponevano negli anni precedenti ma hanno ancora grandi necessità in termini di sostegno al sistema sanitario. In questi casi, ad esempio in Romania, Georgia e Yemen, il fondo ha lanciato dei nuovi bandi per sovvenzionare la società civile affinchè porti avanti azioni di advocacy e di pressione sui governi locali. Come è stato più volte ripetuto durante la conferenza non trattare le persone sieropositive difficili da raggiungere o abbandonare paesi in cui ancora c’è molto da fare, può fare riemergere le malattie. Occorre dunque pensare in termini di diritti umani e salute pubblica e non solo di PIL.
La prospettiva di genere
Non viene trascurato affatto il ruolo e l’importanza delle donne nel processo di salvaguardia della salute delle popolazioni, anzi, grazie anche alla presenza di AIDOS come attore chiave, durante la conferenza sia la Presidente dell’AIDOS Maria Grazia Panunzi, sia le due deputate del Partito Democratico le onorevoli Quartapelle e Braga che hanno partecipato a un viaggio per conoscere per esperienza diretta alcune comunità dove il fondo aveva deciso di investire risorse, hanno sottolineato l’importanza della salute sessuale, riproduttiva e materno-infantile delle donne e la loro centralità nelle comunità. Il fondo pertanto opera con una logica di gender mainstreaming, ovvero applicando la prospettiva di genere in tutti gli interventi programmati, favorendo la scolarizzazione delle donne e la partecipazione della popolazione femminile nei processi decisionali.
Il ruolo dell’Italia
Non è un caso che proprio a Roma nel 2005 si sia svolta la prima riunione dei donatori per ricostruire le risorse del Fondo Globale. Infatti dall’anno di istituzione del fondo, il 2002, al 2008 l’Italia è stata uno dei principali paesi donatori, con donazioni di oltre 790 milioni di euro, terza dopo Stati Uniti e Francia. Nel periodo compreso tra il 2009 e il 2013, anni di crisi economica e istituzionale molto forte, la tendenza è però mutata completamente e l’Italia non ha più mantenuto gli impegni né ha annunciato il proprio contributo durante la terza conferenza di rifinanziamento. Nel 2013 è stata nuovamente invertita la rotta e il Governo ha annunciato un nuovo stanziamento di 100 milioni di euro per il triennio 2014-2016. Al momento dunque l’Italia è all’ottavo posto tra i donatori pubblici. Il Presidente del Consiglio aveva annunciato di voler diventare il quarto paese tra quelli del G7 per milioni di euro donati. Dato che la salute nel documento di Programmazione Triennale della Cooperazione italiana 2015-2017 è considerato uno dei settori prioritari per la promozione dello sviluppo, i promotori del fondo globale spiegano che per l’Italia investire sul Fondo sarebbe un ottimo modo per finanziare le aree geografiche e tematiche prioritarie per la cooperazione italiana e partire da una dotazione di 200 milioni al fondo per la salute globale potrebbe essere un primo passo per raggiungere l’obiettivo ambizioso che Renzi si è posto.
Il lavoro di sensibilizzazione e informazione che l’Osservatorio italiano sull’azione globale contro l’Aids sta portando avanti, è proseguito in questi giorni dopo la conferenza stampa con il concerto “Rock against AIDS” al Monk di Roma e proseguirà nei prossimi giorni anche con incontri tecnici tra ong e la Direzione generale per la cooperazione internazionale. Domani inoltre è previsto l’arrivo dell’attivista Clara Banya (che intervisteremo per le nostre lettrici) donna del Malawi siero-positiva, che ha potuto accedere alle cure grazie al fondo globale di cui adesso è testimonial oltre a essere la coordinatrice nazionale per il Malawi della rete International Community of Women Living with HIV. Clara offre supporto alle organizzazioni che si occupano di lotta all’HIV, porta avanti campagne di sensibilizzazione sull’importanza di fare il test, e lavora sul piano culturale per combattere lo stigma e la discriminazione che le persone malate di AIDS ancora soffrono.
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