Giovedi, 28/03/2013 - In vista dell'apputamento voluto dalla Fondazione Nilde Iotti ('noidonne' media partener) sul tema: “L’agricoltura delle donne.Una nuova idea di crescita” (Roma, 11 aprile 2013 presso il Centro congressi Eataly - Air Terminal Ostiense) abbiamo intervistato Alessandra Tazza, curatrice dell'evento
Un incontro pensato per sottolineare la forza dell'imprenditoria agricola al femminile, soprattutto in un momento di crisi economica e strutturale come quello che attraversiamo. Su cosa hanno puntato in particolare le donne in agricoltura?
Da diversi anni la realtà agricola italiana vede come protagoniste le donne .Mentre sono circa 400.000 le donne che trovano occupazione nel settore agricolo come lavoratrici dipendenti ben il 30% delle imprese agricole italiane è condotto dalle donne. In questo dato, a mio avviso, si può leggere una doppia realtà. Da una parte esiste ancora una componente tradizionale prevalentemente di sostituzione della conduzione maschile (mariti occupati in altro settore); dall’altra, ed è il fenomeno più interessante, si è affermata nel corso degli ultimi anni una nuova imprenditoria femminile molto dinamica ed innovativa. Interi comparti vedono le donne protagoniste: dal vino all’agriturismo, dalla trasformazione alla vendita diretta, dal biologico alla multifunzionalità sociale.
Il lungo cammino della imprenditoria femminile agricola che passa da una sorta di invisibilità sociale del lavoro delle donne della terra alla piena acquisizione di un ruolo imprenditoriale è stato segnato da molte leggi che, concretizzando i principi costituzionali, hanno promosso la parità delle donne. Penso alla riforma del diritto di famiglia ed alla definizione e regolazione dell’istituto dell’impresa familiare, alla tutela della maternità, alla legge sull’imprenditoria femminile, ai congedi parentali ed alla introduzione di progetti sperimentali sulla sostituzione. Ma molto ha giocato la capacità femminile di “leggere” i cambiamenti in atto. Una agricoltura meno industrializzata e più legata al territorio, capace di produrre non solo beni ma anche servizi (pensiamo all’esempio classico dell’agriturismo), attenta all’ambiente ed alla sostenibilità vede oggi le donne protagoniste in prima persona. Probabilmente non è un caso che l’affermarsi di una nuova imprenditoria femminile si intrecci con un processo, in atto da qualche tempo, che porta l’agricoltura italiana a coltivare sempre più i valori della qualità, della tutela del territorio, della cura del paesaggio, della valorizzazione di saperi antichi. Non ci pare quindi fuori luogo riflettere su questo intreccio, da una parte valorizzando le caratteristiche di questo protagonismo femminile, che costituisce di per sé un elemento di innovazione nell’economia agricola e dall’altra riflettendo su quali sono o possono essere gli elementi di una nuova idea di crescita che sono contenuti nel fare agricoltura oggi.
La sua lunga esperienza nel settore le consente di avere uno sguardo 'alto' sui due assi portanti dell'iniziativa: le donne e la terra. Quali sono le prospettive reali del settore in Italia?
Intanto occorre dire che in questo tempo di durissima crisi economica l’agricoltura è il settore che regge meglio (o meno peggio) sia come contributo al Pil che come occupazione.
In questi ultimi 15 anni c’è stata una notevole crescita del made in Italy agroalimentare sia come prodotto trasformato dall’industria alimentare ma anche da parte di imprese agricole che attuano processi di prima trasformazione. Certo a livello interno la diminuzione della spesa per consumo alimentare in questa fase congiunturale rappresenta un serio problema, anche se qualche studioso la propone come una opportunità. Forse la necessità di dover scegliere può aiutare il consumatore a muoversi con più consapevolezza, libertà e razionalità! Sul perché l’agricoltura “regga” meglio alla crisi ci sono diverse risposte. Ne segnalo due:
- L’agricoltura non è d localizzabile, essa trae la sua forza e la sua distintività dal territorio: oggi questo non solo non è un limite ma anzi è un grande vantaggio. Pensiamo al significato del made in Italy
- L’agricoltura ha avviato già da tempo processi innovativi sul cosa e sul come produrre: penso al biologico, al recupero di biodiversità, ai servizi turistici, sociali ed educativi proposte da aziende agricole, all’export, alla prima trasformazione, alla vendita diretta.
Di tutto questo, come abbiamo detto prima, le donne sono protagoniste assolute con la fantasia e la tenacia che le contraddistingue.
Le prospettive del settore si leggono nei processi già avviati: made in Italy, agricoltura sostenibile, funzione sociale degli agricoltori (soprattutto in alcune aree, penso alla montagna), accompagnamento all’export.
Qual è il valore aggiunto che hanno portato (e possono portare in futuro) le donne italiane al Paese e all'agricoltura?
Il valore aggiunto specifico sta nella capacità di valorizzare e diversificare l’attività agricola, nella risolutezza con cui generalmente le donne conducono le imprese, nella loro capacità relazionale e nel legame forte con il territorio.
In più le donne “agiscono” una flessibilità che consente loro di essere lo snodo di strategie familiari e imprenditoriali. Una flessibilità intesa come capacità/necessità di entrare e uscire da ruoli familiari e imprenditoriali, che ha spesso prodotto in passato una sorta di invisibilità del lavoro femminile e che invece oggi costituisce una “capacità” utile a dar vita a nuove forme imprenditoriale. E’ sui saperi delle donne che si costruisce l’agriturismo, l’agriasilo, l’attenzione al biologico, ecc.
Certo anche per le donne non mancano i problemi, fortemente acuiti dalla crisi attuale : dalle difficoltà di accesso al credito ad una burocrazia soffocante. Le questioni critiche più specifiche mi sembrano due: la scarsa presenza delle donne agricole nei luoghi decisionali, sia nella rappresentanza di categoria che nelle istituzioni pubbliche ed il grande problema della conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro. A ben vedere si tratta di questioni che riguardano la società italiana nel suo complesso, che sono forse tra loro collegate e che investono sia le politiche pubbliche che il rapporto uomo-donna nella gestione della vita familiare. Siamo di fronte ad uno snodo cruciale che non si può eludere se si vuole dare vita nel nostro Paese ad un livello più avanzato di welfare e della stessa nostra democrazia. Oggi tutti parlano della necessità di ripresa economica e crescita. Le politiche europee e nazionali devono guardare anche all’agricoltura ed in particolare alle donne.
Sostenere la formazione delle imprenditrici agricole, dare una risposta al tema della conciliazione in ambito rurale, non sprecare le risorse naturali ed il suolo agricolo, valorizzare il paesaggio e la cultura dei territori, dare un grande sostegno al made in Italy fornendo anche servizi di accompagnamento al mercato ed alla internazionalizzazione delle imprese femminili.
Occorre insomma ancora puntare sulla capacità e sulla determinazione delle donne, soprattutto le più giovani, anche con interventi e strumentazioni pubbliche, pur rinnovati rispetto al passato.
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