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Perché c’è tanto impegno nel nascondere la relazione primaria di neonate e neonati con la madre?

Perché c’è tanto impegno nel nascondere la relazione primaria di neonate e neonati con la madre?

Lettera aperta alla Commissione Giustizia del Senato. Un commento sull'VIII audizione e un'intervista con l'avv. Antonella Anselmo

Martedi, 21/05/2024 - Il 7 maggio nell’Ufficio di Presidenza della Commissione Giustizia del Senato si è svolta l’VIII audizione relativa alle quattro proposte di legge sul Cognome dei figli [1].
A proposito, ma le due Petizioni presentate – la mia [2] annunciata e allegata al fascicolo col n. 189 [3] e quella di Iole Granato [4] annunciata e allegata col n. 736 [5] – entrambe strettamente attinenti al tema, sono mai state «discusse congiuntamente ai disegni di legge», come prevede l’art. 141, comma 1 del Regolamento del Senato [6]? Da quel che è possibile percepire dall’esterno si direbbe di no.

Come sempre, il 7 maggio oltre ai membri della Commissione erano presenti anche i capigruppo, nonché per la prima parte dell’audizione la relatrice Anna Rossomando. È stata una seduta interessante per la puntualità dei riscontri offerti dall’audita, l’avvocata Antonella Anselmo, esperta dei diritti civili delle donne, ma altresì per le reazioni dell’uditorio, che non sarà superfluo analizzare.

L’avvocata si è soffermata particolarmente sulle difficoltà che incontra la Commissione nel risolvere l’eventuale discordia tra i coniugi sulla sequenza dei due cognomi da attribuire al figlio, enumerando una serie di presupposti giuridici, oltre che naturali, che consiglierebbero di eliminare tale falso problema riconoscendo la priorità del materno quale sequenza di default nel doppio cognome.

Già nel corso della V audizione [7 ] la professoressa Amalia Diurni, ordinaria di diritto privato comparato presso l’Università di Tor Vergata, aveva fatto notare come in diversi Stati, non solo europei, risulti in vigore il matronimico [8]. Se ne era dunque discusso in precedenza, ma sentirlo riproporre dall’avvocata Anselmo non sulla base di quel che fanno gli altri Stati ma in rapporto ad alcune norme amministrative tutte italiane già esistenti ha creato qualche subbuglio interiore in diversi soggetti politici presenti, anche perché l’avvocata ha rimarcato senza mezzi termini l’esistenza di «una certa titubanza della politica a eliminare formalmente, in maniera esplicita, quell’invisibilità della relazione madre-figli che è stata platealmente accertata dalla Consulta».

Ciò ha suscitato una quasi protesta - sicuramente sincera, ma non molto fondata - da parte della senatrice Simona Malpezzi, autrice come lei stessa ricorda di una delle proposte [9], che pur ponendo lodevolmente come la collega Maiorino quale prima possibilità il doppio cognome, ha relegato però il solo cognome materno all’ultimo gradino della sua personale classifica delle tre opzioni possibili.
Certamente c’è di peggio su questo punto rispetto alla formula usata dalla senatrice Malpezzi ed è quell’«o», «o», «o» delle possibilità di attribuzione, che col primo «o» stende un tappeto rosso al cognome del padre - in prima posizione, quale omaggio illegittimo, si spera inconscio, alla tradizione patrilineare bocciata dalla Corte - col successivo «o» apre la porta di servizio al cognome della madre – ovviamente al secondo posto, visto che il figlio lo partorisce il padre e non lei, che lo riceve graziosamente da lui a cose fatte - e con l’ultimo «o» consegna le chiavi della cantina al cognome di entrambi, come accade nelle proposte presentate da Julia Unterberger [10] e da Ilaria Cucchi [11].

Quel che è comune a questi tre disegni di legge senatoriali - con esclusione dunque del solo DdL di Alessandra Maiorino [12], che affronta questo aspetto in modo asettico - è la posposizione dell’opzione del solo cognome materno a quella del solo paterno, senza che esista una sola motivazione valida che possa giustificare tale scelta, inusuale perfino rispetto a quell’ordine alfabetico che abita le menti di alcune proponenti, nonché di intervenute e intervenuti. Non c’è infatti una qualche spiegazione che si discosti dalla continuità tremebonda proprio con quella tradizione che la sentenza 131/2022 della Consulta [13] ha dichiarato ILLEGITTIMA ab origine – che pertanto non è divenuta inaccettabile oggi per un mutato costume sociale, ma perché era in aperto contrasto coi principi fondanti della nostra Costituzione dal tempo della sua promulgazione –, tradizione a cui dunque è escluso che si possa fare ancora riferimento, sia pure in modo in tutto o in parte inconsapevole.
Si comprende così appieno la fondatezza della considerazione espressa dall’avvocata Anselmo, che ha individuato in una «titubanza della politica» - non limitata a questo o a quel gruppo parlamentare ma presente trasversalmente proprio in tutti, come emergerà da un rilievo successivo - il rischio concreto della permanenza d’una discriminazione di fatto a danno della relazione madre-figli, contro la quale si è espressa la Consulta.

Si può protestare quanto si vuole insistendo sulla propria intenzione di rendere visibili le madri, ma all’intenzione sincera deve corrispondere una prassi coerente e dunque in questo caso un progetto di legge che non remi in senso ostinato e contrario a quanto verbalmente si proclama. E in senso contrario non agirebbe solo la condannabile posposizione dell’opzione del cognome materno ove trovasse accoglimento nel testo unificato in preparazione, ma anche la strenua passione per le aggiunte del cognome dell’uno o dell’altro coniuge, che finirebbe col determinare la prosecuzione dello schema patrilineare contro cui si dichiara di voler combattere. Le donne verrebbero infatti indotte dai mariti ad aggiungere il loro cognome, come avviene con l’attuale 143-bis, attraverso il quale si creerebbe un legame indiretto coi figli, che continuerebbero a ricevere il solo cognome del padre e a crescere con un’identità personale dimezzata. In pratica, tutto andrebbe avanti come prima, come l’inoperosità di molte riforme attivate in altri Paesi dimostra. Solo il DdL della senatrice Ilaria Cucchi sfugge a questa trappola insidiosa; gli altri tre ci cascano in pieno e il DdL Unterberger ancor più del Malpezzi e del Maiorino.

La senatrice Malpezzi non è stata però la sola, nel corso dell’audizione in oggetto, a mostrarsi alquanto sconcertata dall’esposizione dell’avvocata Anselmo. La senatrice Giulia Bongiorno ha dichiarato «non cerchiamo di avere troppo perché poi rischiamo di non riuscire a ottenere la base», frase che renderebbe necessario chiarire di quale “troppo” concretamente si parli.
Il più turbato, nonché il primo a esplicitare un dissenso, è stato però il senatore Ivan Scalfarotto, che ha chiesto all’audita se assegnare di default nel doppio cognome la priorità al materno non finisca col «rallentare il percorso verso la parità dei coniugi», aggiungendo che tale soluzione deriverebbe dal voler «compensare la precedente supremazia, con una nuova», in quanto a suo dire si starebbe «sostituendo un criterio di prevalenza nuovo rispetto a uno vecchio».

Ora, se in risposta alle preoccupazioni espresse dalla senatrice Bongiorno - e anticipate con parole diverse dalla senatrice Malpezzi - possiamo tranquillamente far notare che la situazione di palese vocazione al rinvio verificatasi nella XVII legislatura non appare ripetibile nella condizione attuale, grazie allo spartiacque inaggirabile creato dalla sentenza 131/2022 della Corte costituzionale, che – legge o non legge - ha già istituito il doppio cognome subordinando la possibilità del cognome di uno solo dei genitori a una decisione concordata e non alla volontà d’uno di essi, lascia veramente esterrefatte quanto asserito dal senatore Scalfarotto.
Come si fa a sostenere che una priorità del cognome materno nel doppio cognome, in cui sono dunque presenti i cognomi di ENTRAMBI i genitori, corrisponderebbe a un rovesciamento della situazione precedente che di cognome ne consentiva uno solo, quello del padre, TAGLIANDO FUORI uno degli elementi della coppia genitoriale, rappresentato guarda caso da colei che la figlia o il figlio l’aveva messo al mondo in proprio e non con una gestazione e un parto condivisi con l’altro genitore? Come si fa ad alterare così vistosamente e disinvoltamente la realtà?

Certo, se alla nascita quale evento naturale, come l’abbiamo conosciuta sino a non molto tempo fa, sostituiamo la visione della cosiddetta Gestazione per Altri, la questione cambia aspetto. Se si trasforma artificiosamente l’unicità della funzione materna in PRESTAZIONI ripartite tra persone distinte, a una delle quali si assegna il carico della gravidanza e del parto ma che - pagata o non pagata - è destinata comunque PER CONTRATTO a non esercitare nessun ruolo genitoriale verso il nato/a, riconoscere e segnalare attraverso il cognome una priorità del materno rappresenterebbe effettivamente un non senso. E tuttavia occorrerà ricordarsi che qui stiamo trattando non della GpA ma della nascita di un figlio o figlia dalla sua MADRE NATURALE, ovvero di una situazione in cui una priorità da condensazione di ruoli senza corrispettivi paritari di fatto esiste e non perché qualcuno se la sia immaginata in qualche sogno ma perché la natura l’ha strutturata come tale.

Mi sembra utile a questo punto chiedere all’avvocata Antonella Anselmo, l’audita di questa VIII seduta, qualche delucidazione sui criteri che hanno ispirato il suo intervento e mi permetto di darle del “tu”, perché ci è già capitato di incrociarci in più di una rete femminile a mezzo Facebook, dove il “lei” non è mai di casa.

Al tempo della mia causa civile per l’attribuzione anche del mio cognome alle mie figlie, ho appreso che il cognome è diritto dei figli e non dei genitori [14]. La sentenza della Consulta 131/2022 riconosce però a questi ultimi il diritto di non essere discriminati mediante l’assenza non concordata del cognome di uno di essi da quello attribuito alla prole.
Ove manchi una diversa disposizione concorde da parte della coppia genitoriale, assegnare in automatico la priorità del cognome materno nella sequenza del “doppio cognome” può essere considerato a tuo avviso un «criterio di prevalenza» delle madri sui padri, come affermato dal senatore Scalfarotto nell’audizione a cui hai partecipato?
«Il timore di discriminazione in danno del padre credo sia facilmente superabile. La Consulta ha ribaltato la prospettiva adulto-centrica ponendo in primo piano il “superiore interesse” del neonato o della neonata a vedersi riconosciuta la pienezza dell’identità personale, per via matrilineare e patrilineare. Il nome è parte essenziale dell’identità, diritto fondamentale della persona, indisponibile e incomprimibile. Ebbene il primo legame genitoriale che assume rilevanza giuridica al momento della nascita – momento che, con l’acquisto della capacità giuridica, segna l’ingresso della persona fisica nella società – è quello con la madre, riportato nell’attestazione di avvenuta nascita (prima si chiamava certificato di avvenuto parto). Questo documento, in cui si riportano le generalità della madre, è allegato alla dichiarazione di nascita al momento dell’iscrizione nei Registri di Stato di civile. Dal punto di vista cronologico è il primo documento che attesta la filiazione per via matrilineare (salvo che la partoriente non voglia essere nominata e riconosciuta madre). Posta questa necessaria premessa la questione del doppio cognome dovrebbe essere formulata come segue: quale cognome inserire per primo, per legge, senza discriminare il secondo? Sembrerebbe un dilemma. Ma non lo è affatto, se ci si libera del retaggio patriarcale e si guarda al fatto naturale».

Ribaltare un ribaltamento (quello posto in atto dal patriarcato, che è giunto fino a noi) è riportare una questione nell’alveo del vero. Non sarà il caso di approfondire il significato del termine “discriminazione”?
«Dal punto di vista della giurisprudenza costituzionale e amministrativa si parla di discriminazione (o disparità di trattamento) soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto. Viceversa si esclude la discriminazione quando una diversità di trattamento da parte del legislatore ha una ragione plausibile, non irragionevole né ingiusta a fronte di situazioni di fatto non identiche, ancorché equivalenti o parificabili. Un criterio automatico fissato dal legislatore, sempre derogabile, che ponga quale primo cognome quello della madre sarebbe ragionevole e non discriminatorio perché pienamente aderente all’evento naturale del parto, fatto oggetto della dichiarazione di nascita. Dunque sarebbe un criterio oggettivo perché rispondente al fatto naturale. È innegabile che padre e madre abbiano pari dignità giuridica e morale, ma il legislatore chiamato a dare una regola astratta può ben anteporre il cognome materno per aderenza alla fenomenologia del parto, e ciò senza violare l’eguaglianza tra i coniugi, perché non è una scelta volta a sancire una subalternità del padre. Mi sembra innegabile che il parto non sia un evento naturale riferibile al padre, dunque la filiazione si manifesta in modo diverso a seconda del legame materno e paterno, senza che questo incida sulla comune responsabilità genitoriale. Viceversa qualsiasi altra opzione, discostandosi dal fatto, necessiterebbe di una “motivazione rafforzata” e sinceramente non la trovo. Non esiste altra opzione oggettiva rispettosa dell’interesse superiore del minore e dell’eguaglianza tra i coniugi. Ad esempio anteporre il cognome del padre, senza tener conto del fatto, ossia il parto, potrebbe comportare una discriminazione indiretta, volta ad introdurre una asimmetria tra i due genitori che disvela la sopravvivenza del retaggio patriarcale».

Sicuramente. Resta però da stabilire se i genitori non possano avere la facoltà di volere, di comune accordo, modificare l’ordine naturale di default, per scelte puramente soggettive tra cui potrebbe rientrare una semplice percezione di maggiore “musicalità” di una sequenza rispetto a un'altra. In ogni caso, che si accetti quest’ipotesi di variazione o la si bocci, trovo che creerebbe qualche contrasto la proposta avanzata in altre audizioni di vincolare l’attribuzione dei cognomi al primo avuto da ciascun genitore che ne abbia uno doppio, perché il primo sarebbe sempre e soltanto un cognome materno, cosa in sé non eccepibile ma che difficilmente verrebbe “digerita” senza levate di scudi. Quindi, lasciare ai genitori il diritto di decidere quale dei due cognomi avuti alla nascita preferiscano attribuire poi alla propria prole mi sembra, anche sotto questo profilo, la soluzione più idonea.
Nella tua esposizione, Antonella Anselmo, hai dato rilievo a un criterio strettamente cronologico presente nel diritto amministrativo. Puoi spiegarci a quali atti amministrativi ti riferisci?

«La disparità di trattamento e la discriminazione indiretta, concetti ben chiariti dal Codice delle Pari Opportunità e dal diritto europeo, si manifestano laddove si cerchi di rendere ancora una volta invisibile o irrilevante l’evento parto. Questo argomento è già di per sé dirimente. Tuttavia per fornire ulteriore supporto all’opzione del cognome composto “madre- padre”, e per rassicurare la Commissione Senato che non vi sarebbe alcuna discriminazione in danno del padre, ho invocato anche il criterio cronologico. Nel diritto amministrativo il criterio cronologico tra aspiranti in posizione identica (che nel parto è difficile da sostenere) viene proposto in alternativa al sorteggio o ad altri criteri di selezione casuale. Si utilizza ad esempio nei Registri pubblici (ordine di ricevimento di atti, es. notifiche, numeri di ruolo ecc.). In materia di appalti, ad esempio, l’art. 50 comma 2 D.Lgs 36/2023 predilige l’ordine cronologico, rispetto ai criteri causali, come criterio di selezione degli operatori da invitare nelle procedure negoziate. Mi rendo conto che gli esempi sono molto riduttivi rispetto all’importanza del cognome, ma rendono bene l’idea dell’oggettività del criterio e dell’esigenza di non estendere oltre misura i criteri causali.
Dal punto di vista cronologico l’attestazione del parto precede la dichiarazione e deve essere allegata alla stessa».

Penso che ci sia da considerare anche un altro aspetto. Secondo te, se il diritto al cognome è del figlio/figlia e non dei genitori, considerato che al momento della nascita il o la minore si trova in uno stato di relazione esclusiva con la madre, condizione che già tempo addietro io ho definito di prossimità neonatale [15], può aver senso che il primo cognome di riferimento non sia quello della madre ma del padre, e questo non per eventuale scelta comune ma per ordine alfabetico o per l’effetto casuale di un sorteggio?
«La nascita in sé è fatto che manifesta la prossimità neonatale. È un dato innegabile, sembra assurdo doverlo chiarire. Qualsiasi opzione giuridica che celi il fatto che si nasce dalla madre, e dunque che la prima parte riconoscibile della filiazione è quella matrilineare, introduce una distorsione cultural-giuridica, dunque è una discriminazione indiretta. Invertire l’ordine cronologico in tema di filiazione - l’attestazione di avvenuta nascita è già previsto dalla legge italiana - potrebbe anche essere contrario al diritto europeo. Il principio di parità di trattamento sancito negli articoli 20 e 21 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che detto trattamento sia obiettivamente giustificato. Inoltre l’art. 24 della medesima Carta prevede che l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente. Il patriarcato, che postula dominio, asimmetrie e subalternità su tutti i membri della famiglia, ha effetti devastanti anche dal punto di vista dei figli. Credo che sia il legislatore, nel definire la regola astratta, sia i genitori in caso di diversa e concorde volontà (qualora non accolgano la regola del doppio cognome madre padre), debbano valutare esclusivamente il superiore interesse del neonato e della neonata e trovare una giustificazione obiettiva alla eventuale deroga, abbandonando la visione adulto- centrica e proprietaria cancellata dalla Consulta. Impresa veramente difficile».

Ringrazio per la sua disponibilità Antonella Anselmo e mi rafforzo nella convinzione che lasciare la possibilità di opzioni al doppio cognome tradirebbe massicciamente il reale interesse del minore, perché la tradizione e le “pretese” patriarcali ancora vive ne determinerebbero un abuso a totale discapito dell’interesse del figlio o della figlia. Se ne deduce che il doppio cognome obbligatorio sia l’unica scelta coerente da adottare.

Ritorno adesso alla questione della sequenza madre-padre, che destabilizza chi, consapevolmente o meno, resta saldamente ancorato al patriarcato. Se la priorità di un cognome rispetto a un altro nel doppio suona come un attentato all’uguaglianza dei genitori e magari anche alla pari responsabilità genitoriale, cosa pensare delle opzioni per il solo cognome di uno di essi, previste nei quattro DdL? Attribuire un solo cognome invece di due sancirebbe l’inferiorità di uno dei genitori e lo esonererebbe o, peggio, lo escluderebbe dalla responsabilità genitoriale?
Riflettere sulle contraddizioni esistenti nelle proposte esaminate e in quelle che emergono da talune contrarietà da altri espresse mi sembra strettamente necessario.

Si nasce immancabilmente da una donna. Si nasce, per natura, da una madre. Vien fatto di pensare che dietro talune obiezioni, manifeste o a malapena represse, incomba l’ombra della GpA, la figlia d’ultima generazione del patriarcato, che di moderno ha solo la modalità mediante cui si attualizza, ovvero la tecnologia. L’ascendenza, invece, è antica: l’invisibilità delle madri realizzata mediante l’occultamento della specificità della nascita.

Già in passato avevo rilevato una continuità [11] tra l’assenza del cognome materno, segno di quell’invisibilizzazione delle madri che ha condizionato per lunghissimo tempo anche le menti femminili [12], e una certa accettazione della GpA quanto meno da parte di alcune donne. Ed è curioso che quella parte del mondo politico e culturale che pure vorrebbe contrastarla chiuda poi gli occhi di fronte a certi nessi evidenti, preoccupandosi paradossalmente di garantire una parità resa falsa dalla negazione del vero.
Curioso ma non insolito, in questo come in altri campi. Quando non si rimuovono le cause di un fenomeno negativo si può infatti puntare solo su strumenti repressivo-punitivi allo scopo di contenere gli effetti; ma la garanzia di un contrasto effettivo alla GpA non è data da disposizioni legislative, che potrebbero mutare nel tempo qualora non si operasse sulle cause, ma dal ripristino di quell’inscindibilità del rapporto figli-madre e madre-figli, che passa attraverso la visibilità giuridica dell’evento della nascita di ogni figlio o figlia dal corpo della madre, cioè da quell’essere con cui la nascitura o il nascituro è in permanente contatto fisico e psichico - dunque in una continua relazione - fin dai primi stadi del proprio sviluppo.

Note e link di riferimento:

[1] Audizione del 7 maggio 2024 - https://webtv.senato.it/webtv_comm?video_evento=245657

[2] Iole Natoli, testo della Petizione sul cognome dei figli, n. 189 (Senato) - https://www.change.org/p/nuove-norme-sul-nome-della-persona-e-sul-cognome-dei-coniugi-e-dei-figli-19a-legislatura

[3] Annuncio e assegnazione alla Commissione Giustizia del Senato della Petizione n. 189 di cui alla nota precedente - https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/docnonleg/45969.htm

[4] Iole Granato, testo della Petizione sul cognome dei figli, n. 736 (Senato) - https://www.change.org/p/il-cognome-materno-alle-figlie-e-ai-figli-nati-prima-del-2-giugno-2022

[5] Annuncio e assegnazione alla Commissione Giustizia del Senato della Petizione n. 736 di cui alla nota precedente -https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/docnonleg/48297.htm

[6] Regolmento del Senato art. 141 - https://www.senato.it/istituzione/il-regolamento-del-senato/capo-xvii/articolo-141-1

[7] Audizione del 28 marzo 2024: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/04/cognome-dei-figli-di-ordini-di.html

[8] Amalia Diurni, Integrazioni alla relazione preliminare, audizione 28 marzo 2024.pdf

[9] Simona Malpezzi, S.21 - https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01361107.pdf

[10] Alessandra Maiorino, S.131 - https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01365931.pdf

[11] Julia Unterberger, S.2 - https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01361136.pdf

[12] Ilaria Cucchi, S.918 - https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01391964.pdf

[13] Corte costituzionale, sentenza n. 131/2022: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2022:131

[14] Prima Sentenza italiana sul Cognome Materno, Trib. Civile di Palermo, Sez. I, sentenza 865 del 19.02.1982
https://cognomematernosentenze.blogspot.com/2015/02/acquisto-e-non-trasmissione-del-cognome.html

[15] Iole Natoli, Principio di prossimità neonatale, in Nel Cognome della Madre e del Padre. Richiesta di Emendamento necessario, https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2014/01/nel-cognome-della-madre-e-del-padre.html - Petizione annunciata alla Camera nel 2014 (XVII legislatura) col n. 547: https://www.camera.it/leg17/468

[16] Iole Natoli, Fare un figlio per altri, o della soggezione patriarcale, 30.01.2016 - https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2016/01/gpa-dellassenza-del-cognomematerno.html

[17] Iole Natoli, Le trame sotterranee della Storia, 28.01.2016 - https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2016/01/dal-cognome-materno-ancora-quasi.html

Commenti alle precedenti audizioni sono presenti ai link che seguono:

a - in rif. all’audizione del 15 febbraio: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/03/il-cognome-dei-coniugi-e-dei-figli-nei.html

b - in rif. all’audizione del 22 febbraio: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/03/cognome-dei-coniugi-e-dei-figli_26.html

c - in rif. all’audizione del 29 febbraio: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/03/cognome-dei-coniugi-e-dei-figli-in.html

d - in rif. all’audizione del 21 marzo: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/03/unaudizione-dietro-laltra-muove-i-suoi.html

e - in rif. all’audizione del 28 marzo: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/04/cognome-dei-figli-di-ordini-di.html

f - in rif. all’audizione del 3 aprile: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/04/lettera-aperta-sul-cognome-dei-coniugi.html

g - in rif. all’audizione del 18 aprile: https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/04/vii-audizione-presso-la-presidenza.html

Nota finale

Come diverse lettere precedenti, la presente Lettera Aperta sarà inviata a tutta la Commissione, con invii suddivisi allo scopo di evitare che il sistema informatico respinga la missiva come spam.

17 Maggio 2024 - © Iole Natoli


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