Domenica, 02/03/2014 - Da martedì a domenica è andato in scena al Teatro Biondo di Palermo, Le sorelle Macaluso, un atto unico di Emma Dante che ne firma testo e regia. Prodotto dal Teatro stabile di Napoli, Thèatre national di Bruxelles, Festival d'Avignon, Folk teatern di Gotebrg, in collaborazione con atto unico della Compagnia Sud Costa Occidentale. Tema caro alla drammaturga è quello della famiglia, coi suoi conflitti e coi suoi misteri. Ad esso s'intreccia quello della vita e della morte in un tutt'uno. Ad ispirare la Dante è stato un racconto di un amico, la cui nonna in preda al delirio di una malattia, una notte chiamò la figlia urlando e chiedendo se fosse viva o morta. La figlia la rassicura di essere viva, ma la donna beffarda risponde: “see viva! Avi ca sugnu morta e non mi dte niente p'un fàrimi spaventare”. In scena sette sorelle: Lia, interpretata da Serena Barone, Antonella da Elena Borgogni, Gina da Italia Carroccio, Cetty da Marcella Colaianni, Maria da Alessandra Fazzino, Pinuccia, da Daniela Macaluso, Katia da Leonarda Saffi, la madre da Stephanie Taillandier, poi i defunti, il padre da Sandro Maria Campagna e il figlio di Gina, Davidù, da Davide Celona. La danza di Lia apre l'atto. Sono vestite a lutto le sorelle. Lia danza e le altre entrano in scena marciando. Una famiglia numerosa, ilare e conflittuale come tutte le famiglie numerose, dove i figli spesso si sovraccaricano di responsabilità che poi sono dei grandi e dove rimangono sensi di colpa e conflitti talvolta irrisolti. Le sorelle Macaluso si tuffano nel passato e raccontano, in siciliano, con ironia e amarezza, un dramma che si consuma nella spensieratezza dell'infanzia, durante una gita al mare, in cui giocando a stare in apnea, una delle sorelle muore. Un senso di colpa che accompagnerà per sempre la sorella Katia che era stata delegata a vigilare su Antonella che muore. Katia, diversa dalle altre perchè un po' pacchionella, parla infatti il dialetto pugliese, per differenziarsi dalle altre, sarà mandata in orfanotrofio a crescere da sola, punita per quel fattaccio, di cui non si sente responsabile, ma che sente come un macigno. Un susseguirsi di botte e risposte in cui le sorelle si rinfacciano colpe, sognano, ridono, piangono e in cui ritornano i morti a rassicurare i vivi, a invitarli a volersi bene. In scena i morti: la madre, il padre e Davidù, figlio di Gina, con una danza piena di poesia e bellezza per ridare serenità e gioia alle figlie e alla madre, che aveva perso il figlio con un infarto, giocando a calcio. A Gina, Katia rinfaccia di avere vigilato con superficialità sul figlio. Ma se da un lato si rinfacciano le morti e le responsabilità, dall'altro ci si accorge che si sta celebrando la morte di Maria, la sorella maggiore che aveva un sogno: danzare.
Così dice Emma Dante:"É il funerale di una di loro. Nel confine tra qua e là, tra ora e mai più, tra è e fu, i morti sono pronti a portarsi via la defunta. Se ne stanno in bilico su una linea sopra cui combattere ancora, alla maniera dei pupi siciliani, con spade e scudi in mano. Una famiglia in movimento che entra ed esce dal buio". Un finale poetico in cui la sorella sognatrice Maria, morta, rimane immortale con la sua danza che supera i dolori e le brutture della vita stessa, congedandosi dagli spettatori incantati.
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