"noi, genitori di figli autistici, non possiamo morire......" (blog autismocomehofatto.com)
Lunedi, 03/02/2020 - NON POSSO MAI MORIRE. Eh già! Non posso. Devo durare il più possibile: ho un figlio autistico!
Mi capita di andare a fare dei controlli al seno, pap test, ecografie... e dico sempre al medico: "sicuro, dottore, che non ho niente? Guardi che io non posso morire, ho un figlio autistico, non posso proprio morire".
Nessuno ci comprende, ma noi, genitori di figli autistici, non possiamo morire. E se moriamo sarebbe meglio portarci i figli con noi.
Triste? Ma no! Quale tristezza, è pura realtà, non esiste una legge, non esiste un luogo, non esistono persone a cui affidare i nostri figli, se moriamo.
Anzi, la legge c'è e ha un numero: 112/2016, ma non si applica, la conoscono in pochi e non ha una reale attuazione, tranne forse un caso? due?
Ho creato una lista da qualche anno: contiene una specie di Vademecum per capire Ares: cosa gli piace, cosa non gli piace, come bisogna gestirlo durante la giornata, in cosa bisogna aiutarlo e in cosa no, come bisogna intervenire affinché sia pulito sempre: le ascelle non le lava da solo e quando fa il bagno le lava pochissimo. Odia lavarsi i capelli: lo fa velocemente. Adora i grattini ai piedi "senza unghie", e anche alle mani. Ha bisogno di sentire la musica ogni giorno: gli piace Pink Floyd, Bob Marley, Metallica...
E' una lista che aggiorno ogni mese e che qualche volta sogno la notte che qualcuno mi strappa. E mi sveglio di soprassalto.
La questione è una ed è semplice: dove vanno a finire i nostri figli se noi moriamo? La risposta è nella cronaca quotidiana: "Daniele ha 27 anni ed è un animale in gabbia: vive a pochi metri dal mare, ma non l’ha mai visto. Almeno, non ancora. I farmaci di cui è costantemente imbottito stanno distruggendo la sua salute. Negli anni, tanti sono stati gli episodi di autolesionismo. La grave forma di autismo di cui è affetto richiederebbe tutt’altro: non psicofarmaci (non solo, almeno) ma soprattutto forme di inserimento sociale, uscite, contatti con il mondo, attività da fare con l’aiuto costante di un operatore specializzato".
"A 22 anni Daniele entra nel Centro di riabilitazione “A. Boggi” Unisan di Santa Severa. E da lì non esce più se non per correre in ospedale in seguito ai problemi clinici e agli incidenti che gli sono occorsi in questi 5 anni di internamento coatto".
Daniele "passa le sue giornate recluso in una cameretta, senza tutor dedicato, sottoposto alle massime dosi consentite di psicofarmaci che stanno minando il suo fisico dopo aver gravemente ridotto allo stato larvale la sua psiche". (Dal sito open.online)
La storia di Daniele è una delle tante. Ce ne sono altre ancora più difficili da accettare come quella della mamma di Cagliari che si è rinchiusa in camera e ha ucciso i figli disabili con un fucile prima di tentare il suicidio.
La verità è che quando i nostri figli cominciano a crescere sul serio, e noi diventiamo sempre più anziani, più stanchi e delusi di tutto l'abbandono che ci circonda, un pensiero, per quanto fievole, anche noi lo facciamo alla morte. E immaginiamo sempre più spesso chi si prenderà cura di nostri figli quando non ci saremo più, chi ascolterà mille volte la stessa canzone senza arrabbiarsi, chi li coccolerà come abbiamo fatto noi, o chi, quanto meno, garantirà loro la dignità.
Rimaniamo sempre senza risposta alcuna, e a quel punto ci ripetiamo a voce alta che, appunto "non possiamo mai morire".
Barbara LLAMOS (autismocomehofatto.com)
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