Venerdi, 31/03/2017 - Gabriella Luccioli, magistrata dal 1965, si racconta in “Diario di una giudice”.
Il diario privilegia sempre un punto soggettivo di narrazione e non è mai solo professionale. Ancor più il “Diario di una giudice”, che muove alla consapevolezza degli intrecci e del rapporto complicato tra la dimensione pubblica e quella privata della vita, rivisitati alla luce del pensiero della differenza, che ne impone la riarticolazione e svela l’infondatezza della pretesa neutralità delle dicotomie e separatezze storiche.
Quel che è veramente straordinario è come la consapevolezza del pensiero della differenza abbia veicolato un arricchimento della stessa dimensione professionale e dell’esercizio responsabile della funzione. L’attività interpretativa si è concretizzata in importanti evoluzioni giurisprudenziali, sempre nel rispetto della legge e della Costituzione e, anzi, proprio per garantirne la piena attuazione. La Costituzione è la fonte ispiratrice e i suoi “principi fondamentali - e in particolare quelle di libertà, di eguaglianza, di dignità della persona, di pluralismo - si prospettano non già come valori sopraindividuali rispetto al quadro normativo, ma come principi immanenti a ogni singola disposizione di legge, capaci di influenzarne fortemente la funzione e la portata percettiva e quindi l’interpretazione” (pag. 27). L’attività interpretativa di Gabriella Luccioli ha investito anche ambiti inesplorati. Penso alla sentenza sul caso Englaro, o all’avvio della riflessione sul “doppio cognome”, per il riconoscimento del cognome materno accanto a quello del padre, che ha aperto agli attuali sviluppi.
L’impegno dell’autrice continua ora in direzione di nuove frontiere, in primo luogo il “biodiritto”.
Insomma, la giudice Gabriella Luccioli ci consegna non solo arricchimenti professionali, esperienze e risultati concreti e il proprio impegno - anche personale - contro la discriminazioni, ma anche molto di più: l’esemplificazione di come l’ingresso delle donne nella gestione del potere produca innovazione, soprattutto se accompagnato dalla consapevolezza del valore della differenza di genere. Bello il richiamo esplicito al pensiero femminista e alla prospettiva di genere.
Gabriella Luccioli è stata tra le prime donne magistrato.
Sono passati ormai oltre cinquant’anni dalla famosa sentenza del 33 del 1960 secolo scorso, e la
legge che ha consentito alle donne l’accesso a tutte le carriere, compresa la magistratura, è del febbraio 1963. È stata importantissima per noi tutte l’attività di quelle vincitrici di concorso che, per prime, hanno abbattuto le discriminazioni.
Ma è stato importante per l’intero paese, per la credibilità e il funzionamento delle istituzioni.
I pubblici poteri che discriminano al proprio interno, sin dall’accesso, non sono credibili e autorevoli e non garantiscono imparzialità nell’esercizio dei poteri e delle funzioni. Gabriella Luccioli e le altre pioniere hanno contribuito alla credibilità e all’autorevolezza della magistratura tra i cittadini:è non certo merito secondario, in questa triste epoca di disinvestimento e sfiducia nelle istituzioni. L’assunzione libera di responsabilità, vissuta anche nella consapevolezza della differenza di genere, rafforza e integra l’autonomia e l’indipendenza. L’autonomia del giudice, a mio parere, non si nutre solo dell’assenza di condizionamenti, ma anche del superamento di stereotipi e formalismi.
Non sempre tutto è ascrivibile all’azione individuale: anche in questo, Gabriella Luccioli è d’esempio.
Fondamentale è stato l’impegno associativo nella magistratura, che ha accompagnato quello strettamente professionale, parallelamente all’impegno coraggioso per l’associazionismo specifico delle donne magistrato.
La nascita dell’Associazione donne magistrato italiane è un fatto straordinario, che va oltre la portata immediata, e contiene un invito alle donne a non mimetizzarsi nei contesti maschili. È ‘una scelta che rafforza l’indipendenza e l’autonomia delle donne magistrato, che apre ora a ulteriori obiettivi, per la presenza paritaria nel CSM e nell’ambito degli incarichi direttivi. È un pezzo, ancora da scrivere, della storia collettiva per gli obiettivi di democrazia paritaria, che riguarda tutti i poteri.
Il racconto autobiografico di Gabriella Luccioli fornisce molti argomenti, soprattutto alle giovani generazioni,per confermare l’attualità dell’approccio di genere anche nell’impegno professionale.
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