L'impresa e la donna secondo l'idea (sbagliata) di Elisabetta Franchi
La bufera per le parole di Elisabetta Franchi all'evento di PwC Italia, ma è la conferma di una regola a cui le eccezioni sono ancora troppo poche: il conflitto tra maternità e lavoro
Martedi, 10/05/2022 - «Se dovevano sposarsi, si son già sposate; se dovevano far figli, li hanno già fatti». In questo modo Elisabetta Franchi, in occasione del recente evento de' Il Foglio e Pwc spiega la sua scelta di assumere solo donne “anta”, che possono lavorare per e con lei senza il pensiero della famiglia. L’indignazione divampa, disturbando il comodo come solo l’arte dello scorretto sa fare e ricordando una delle leggi non scritte che regolano il mercato dell’occupazione femminile: lavoro e famiglia non sempre possono coesistere.
Sappiamo ovviamente che non è così, che una cosa può non, e di certo non dovrebbe, escludere l’altra, ma il discorso di Elisabetta Franchi viene condiviso da molte aziende e da molti datori di lavoro: basti ricordare tutti i colloqui fatti dall’inizio della ricerca del lavoro e contare quante volte ci è stato chiesto se volessimo figli o ne avessimo in programma.
Avere una famiglia e al contempo essere professionalmente soddisfatte è una fatica da acrobate che però agli uomini non viene richiesta, dal momento che mancano gli elementi da dover bilanciare, poiché non ci si aspetta sussista una scelta davvero divisiva tra le due sfere; a chiarirlo è la stessa Franchi, che specifica: «I figli li facciamo noi, incinto ancora no, e comunque il camino a casa lo accendiamo noi. È una grande responsabilità di una donna». Dietro c’è un’intera tradizione che vuole le donne 'naturalmente' portate alla maternità e alla cura («è nel nostro DNA», chiosa l’imprenditrice») e che, per quanto poco possa piacerci, è ancora troppo condivisa: il 42,6% delle mamme di età compresa tra i 25 e i 45 anni non è occupata, segnala il report “Le Equilibriste. La maternità in Italia nel 2022” di Save the Children, e solo il 39,2% ha un contratto part-time.
Essere madri lavoratrici in Italia, nel 2022, risulta quindi molto complicato, specie se sull’altro piatto della bilancia ci sono uomini per i quali si continua a usare l’ambiguo termine mammo quando compiono il proprio dovere di genitori e che non devono temere che la paternità incida sulla propria carriera. Un dato per tutti a dimostrarlo: con due o più figli minorenni, il totale delle donne occupate è del 54,5% contro l’89,1% degli uomini.
Si potrebbe obiettare con i dati condivisi dalla stessa stilista, che denuncia la presenza tra le sue fila dell’80% di quote rosa e di moltissime donne under 30 tra le sue dipendenti (pur specificando che per accedere alle posizioni dirigenziali gli “anta” servono eccome), ma resta il fatto che non dare fiducia allle donne evocando luoghi comuni invecchiati male e mettendoci i bastoni tra le ruote a vicenda, tra shecession in corso e soffitto di cristallo, è quanto di più dannoso si possa fare in un contesto da cui le donne rimangono ancora sfavorite sotto moltissimi aspetti e sulla base del quale dovrebbero tenere tra loro un atteggiamento opposto rispetto a quello mostrato da Elisabetta Franchi.
Le dichiarazioni dell’imprenditrice non sono un’eccezione ma confermano una regola. Non si riduce tutto ad una espressione sbagliata, quanto che il potere di una donna, sia pure di una che ragioni in termini esclusivamente di produttività aziendale come Elisabetta Franchi, passa anche per le parole. E queste a volte contano molto più dei fatti.
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