Le ambigue legittimità al tempo delle corruzioni - di UDI Napoli e Camera delle donne
Prostituirsi per fare carriera è legittimo, questo dice Stracquadanio.'L’incompatibilità tra la carica di deputato e il rendersi responsabili di un tale invito'...
Mercoledi, 15/09/2010 - L’apologia di reato, nel caso delle affermazioni dell’on. Stracquadanio, è da fonte istituzionale. L’apologia di reato è sempre qualcosa che indigna, ma in questo caso è di una gravità inaudita.
“prostituirsi per fare carriera è legittimo”, questo dice lo Stracquadanio.
L’affermazione ha il significato di suggerire che sarebbe legittimo corrompere soggetti con funzioni pubbliche, anche, attraverso prestazioni sessuali per ottenere posti di rilevanza nell’organigramma politico, o addirittura che gli stessi soggetti pubblici possano pretendere la prestazione sessuale come “mazzetta” per la concessione di una collocazione lavorativa o in carica elettiva ( vedi vigente legge elettorale).
L’incompatibilità tra la carica di deputato e il rendersi responsabili di un tale invito a delinquere è talmente manifesta, che ci domandiamo a quali principi si ispirino coloro che ancora non hanno sollevato la questione.
Se ne sta facendo sulla stampa e tra i politici un improprio dibattito sui costumi femminili e l’equa spartizione tra donne ed uomini del titolo di “escort” intellettuale o sessuale. È del tutto fuorviante concentrarsi sulla vecchia questione dell’incoerenza e la corruttibilità di uomini e donne inclusi in uno dei sistemi più corrotti dell’occidente.
La libertà di usare “male” il proprio corpo o la propria materia grigia, non è mai stata per noi una questione riguardante lo Stato: lo Stato Etico, al quale molti anelano, è costituzionalmente imprevedibile, attualmente.
La vera questione è che se tra le protezioni approntate dai corrotti nel potere, ricatti e prebende sono possibili senza che i cittadini possano difendesi, le leggi ancora rappresentano un ostacolo.
E la legge, evidentemente, è diventata un vero ingombro per la politica, e decostruirla, banalizzarla è spesso compito di insignificanti e improbabili ideologi, che, come lo Stracquadanio, attraverso lo scandalo si rinsaldano in posti guadagnati in modo ambiguo.
Magari in Italia non si va in galera per corruzione, ma ormai i politici non vogliono neanche più rischiare di andarci.
La scelta dell’argomento “prostituzione” è il solito furbo espediente per evitare l’evidenza, e cioè che chi detiene i poteri pubblici ed economici, corrompe e ricatta e vuole poterlo fare impunemente.
C’è consapevolezza e gradimento nell’esprimere la connivenza pubblica nella corruzione, e tuttavia ricattare e corrompere sono ancora reati.
C’è un’ultima irritante furbizia nell’apologia criminale espressa con quel “è legittimo prostituirsi per fare carriera”, ed è insita nel disporre della chiave di lettura “pubblica” imperniata sulla sostituzione del paradigma della legalità con quello (sotterraneamente ma potentemente condiviso) della moralità imposta alle donne.
Che le donne siano libere di prostituirsi, non è più in discussione, quello che è in discussione è che gli uomini debbano adattarsi alla legge che postula ed afferma “che lo sfruttamento della prostituzione è reato”.
È in discussione che finalmente ci si debba tutti adattare al principio che il merito non può essere sostituito con un qualsiasi favore o pagamento. Se non è così nella pratica, la legge, per quanto imperfetta, impone che lo sia.
Il fatto che l’On. abbia parlato di prestazioni sessuali e non di “legittimità del passaggio di denaro o scambio di beni pubblici” (alla quale evidente mira il pretestuoso e decennale dibattito interno alla politica), costituisce in se un’altra evidenza sottintesa e condivisa che nessuno, di fatto, vuol sollevare: il corpo femminile è a disposizione, il denaro pubblico non ancora del tutto impunemente.
Legalmente non è legittimo disporre né dell’uno né dell’altro, come dimostrano molte sentenze.
I dirigenti dell’impresa di pulizie dell’aeroporto di Capodichino, che chiedevano prestazioni sessuali in cambio del posto di lavoro, sono stati condannati.
La legge è uguale per tutti e, come sempre, per negarlo nulla di meglio che scegliere il corpo delle donne come teatro della guerra tra privilegi nel potere ed interessi dei cittadini.
Per l’UDI di Napoli Stefania Cantatore
Per la Camera delle donne Rosa Schiavo e Simona Ricciardelli
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