VERSIONE SANTIPPE - Accudire, essere accudite, cambiare e crescere insieme
Camilla Ghedini Sabato, 28/05/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2016
Qualche sera fa ho chiesto a mia nonna, 96 anni il prossimo settembre, a cosa stava pensando. Risposta: “Al futuro”. Sono rimasta sbalordita, perché tra le ipotesi formulate c'era “a niente” o “al passato”. E invece no, lei, Elisabetta, detta The Queen, guarda ancora lontano. D'altra parte, la scorsa estate, una sera, interrogandosi sulle temperature che ci sarebbero state l'indomani, mi ha sollecitata a controllare sul cellulare. Ho reagito con un “ma cosa?” e lei, senza esitazione alcuna,ha replicato: “Tua sorella ha scaricato la App del Meteo, tu non l'hai? Fammi vedere”. E ho scoperto così che persino il concetto di touch screen le è familiare, tant'è che ha aggiunto “ah come mi sarei divertita a essere giovane oggi e ad usare tutti questi sistemi”. Mia nonna conosce ovviamente Facebook, e quando la invito a farci “una foto che poi la posto” non solo si mette in posa e sceglie tra le varie scattate quella che la convince di più, ma dopo un po' mi chiede quanti 'mi piace' ha ottenuto, “perché ormai lo so che ho dell'appeal”.E in effetti, raggiungedavvero un mucchio di like, a conferma che trasmette energia e simpatia. Infine, e poi concludo con gli esempi, di recente, di fronte a un vestito nuovo acquistatole da mia madre, senza troppi giri di parole ha ammonito la figlia: “Portalo indietro, cambialo, è da vecchia”. The Queen è unica, senza dubbio. Ma lo è perché le abbiamo concesso di tornare bambina. Perché mentre il suo corpo cambiava e perdeva forza, insieme all'autonomia, noi non le abbiamo permesso di sentirsi sconfitta, di vergognarsi. Abbiamo esaltato le sue qualità, l'abbiamo fatta sentire indispensabile, coinvolgendola in una quotidianità che lei ha recepito. Abbiamo coltivato con lei piccole vanità, come lo smalto per le unghie, sempre trasparente “che non voglio mica essere ridicola”. Il cambio dei ruoli è stato lento, a tratti faticoso, forse più per lei che per noi, ma poi c'è stata la conciliazione con l'età che avanza. Spesso ci guarda - siamo una famiglia di sole donne - ed esclama “ma sono stata proprio fortunata, non mi manca nulla”. E aggiunge: “Beh, l'avrò anche meritato, o no?”. Questa sua consapevolezza della reciprocità guadagnata, è la vera bellezza della vecchiaia, oggi trattata perlopiù come un 'costo', come un fastidioso elemento del welfare, tra pensioni minime, reversibilità da rivedere etc etc etc. E invece, è tanto altro. Lo conferma un libro che ho amato molto, che mi ha fatto ridere fino alle lacrime, di Cira Santoro, Le Arzille vecchiette dell'autobus 21 (Minerva Edizioni), che l'autrice ha scritto su suggestione degli incontri fatti la mattina in autobus. Nel testo c'è una rappresentazione della vecchiaia fatta di forza, risate, complicità e, perché no, sensualità. Un testo che invito a leggere per quanto è spassoso e intelligente. Allora, pensando a mia nonna e alle Arzille, mi dico che se ci immaginassimo così, da 'vecchi', avremmo meno paura di sfiorire. L'essere accuditi - vale per entrambi i generi - non ci sembrerebbe una diminutio, ma un giusto premio. E non ci spaventerebbe neppure la morte, perché in fondo, come dice The Queen, vedova di Bruno, “io sono contenta di essere ancora con voi, ma tu devi capire che io ho anche voglia di rivedere tuo nonno”.
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