Martedi, 23/10/2018 - A volte uscire dalla spirale di un rapporto a due fatto di dis-livelli e dis-valori è molto difficile, soprattutto quando uno dei due prevarica l'altro e lo tiene legato a sé mistificando o riducendo la gravità dei fatti. La maggior parte delle vittime di un rapporto sbilanciato non riesce a trovare una strada per una chiusura definitiva. Semplicemente perché si ha paura di lasciare la persona che si ama, nonostante le offese o umiliazioni subite. Si ha paura di non riuscire ad elaborare e superare il dolore. Nelle nostre piccole esperienze, come operatrici e soprattutto ascoltatrici di “Donne in fermento” possiamo dire che la strada è lunga, indubbiamente, ma possiamo farcela; ognuna di noi, con i suoi tempi può pensare ad una chiusura definitiva. Ma sarà sicuramente frutto di un profondo lavoro dentro se stessi perché la vittima è stata destabilizzata dal comportamento del maltrattante e non sempre ne ha avuto piena consapevolezza. Oppure pensa che con il massimo impegno può tenere in piedi il rapporto, nonostante tutto. Nonostante un amore artificiale creato su misura verso la donna che subisce. Proprio così, l'atteggiamento del compagno che manipola è quello di creare azioni che possano fare piacere, rendere euforica la vittima, che comincia ad abbassare le difese e pone la propria autostima nelle mani di lui. Si fida. Ora lui può .
colpire, per il puro piacere di colpire. Ma per lei è comunque una storia d'amore, e per molte di noi è più facile ricordare i momenti belli, euforici, che i maltrattamenti. L'amore è un sentimento potente, ricordiamolo, che crea legami, emozioni forti. Un nucleo familiare con figli. Non è facile mettere un punto e passare oltre, soprattutto per chi ha considerato quell'amore reale, un solido e sincero progetto di vita. Più si è utilizzato amore, tempo, energia, più troncare la relazione risulta impossibile. Ma questo impegno viene ripagato con atteggiamenti crudeli e dolorosi del partner. Quest'ultimo passa dalla fase di idealizzazione della sua donna, che corrisponde a ricoprire lei di attenzioni e complimenti, alla fase di disinteresse, mutismo o offese, svalutazione della stessa persona precedentemente idealizzata. Appena sentirà la propria compagna dipendente da lui, inizierà a respingerla e a ridurre la quantità di emozioni e stati d’animo positivi e nutrienti. La tiene affamata di attenzioni e del suo amore. E lei cerca in ogni azione di ricevere lo stesso amore che ha avuto e le stesse attenzioni; è difficile spiegare il danno emotivo della donna precedentemente idealizzata, non può pensare che queste azioni dolorose siano inflitte da chi diceva di amarla. Non ha senso. È disgustoso pensare che lui non abbia una coscienza. Questo aspetto va a toccare la stessa identità della vittima. Si tende a perdere giorno per giorno la propria autostima. Ma noi tutte abbiamo diritto a non perdere il nostro valore. Abbiamo un nome, partiamo da lì. Nessuno mai potrà togliercelo. Sin dall'infanzia abbiamo diritto a un nome, e a quel nome corrisponde la nostra personalità, i nostri valori, la nostra creatività. Il nome è come le nostre impronte digitali. Non si possono strappare dalle nostre dita.
Partiamo dal fatto che ci può essere la possibilità di incontrare nella vita persone che non sono l'esempio della bontà. È importante per noi affinare la capacità di discernimento, investire sulla onestà e reciprocità dell'altro. È il più grande regalo che possiamo farci dopo esperienze difficili di subordinazione. E tutto questo avrà un nome. Rinascita.
Elena Manigrasso
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