SOS Filosofia - Da Aristotele a Jean Tronto, passando per Hannah Arendt, l’etica della cura come pratica sociale. E l’autonomia morale femminista “relazionale”
Francesca Brezzi Lunedi, 18/04/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2016
Maternità surrogata, gravidanze a sessant’anni, step child adoption, aborto clandestino e relative multe (!!!! anche di questo si è parlato). Tanti sono i messaggi dai media, il cui filo comune è la chiamata in causa del corpo della donna; tuttavia mi voglio soffermare su un concetto che sostiene gli altri in questa intricata matassa, la responsabilità. Non unicamente una riflessione su una nozione antica, forse desueta, ma anche mie risonanze emotive per pensare insieme.
Responsabilità, termine che arricchisce sfere e contesti diversi, con Aristotele, si potrebbe dichiarare “responsabilità si dice in molti modi”: nel Novecento e in questi nostri tempi l’espressione ha assunto una posizione centrale, pur nelle sue infinite metamorfosi, e per la sua presenza nell’ambito giuridico, politico e filosofico-morale. Se nel livello giuridico, responsabilità si collega a imputabilità, in quello politico esprime il rispondere, il rendere conto, collegato strettamente (più interessante ed urgente per noi) con il livello etico, in cui il pensiero delle donne ha espresso incalzanti novità o un pensare diverso. Il punto di partenza è il drammatico: chi sono io? quali le caratteristiche dell’individuo moderno, in un contesto di caduta dell’universalismo? Le filosofe a cui mi richiamo (Arendt, Heller, Weil, ma altre - e altri - si potrebbero ricordare) hanno risposto con il disegno del soggetto storico, contingente e limitato, frutto del caso, la creatura di cui Heller dice che agisce senza stampelle o che è avvolta in una busta senza indirizzo.
Il soggetto-persona (uomo e donna), tuttavia libero, autore di decisioni quindi responsabile, non già a-patico, egocentrico, insulare e disimpegnato ma vincolato e riconoscente: riconoscimento della dipendenza, valorizzazione dell’asimmetria. Agente relazionale, reciprocus, autonomo che opera in una sfera pubblica come zona in cui s’intrecciano, diritti, passioni e interessi sociali. Mi piace ricordare come il pensiero femminile abbandoni la strada delle etiche metafisiche o religiose (Jonas e Lévinas) per incamminarsi sul sentiero della responsabilità quale cura del mondo comune, per dirla con Arendt o cura politica secondo Jean Tronto. Tralasciando sullo sfondo il dibattito nato dal testo di Carol Gilligan, A different Voice, Tronto definisce la cura come pratica sociale, o cura democratica, che comporta la “riduzione delle asimmetrie” nelle relazioni stesse di cura. La cura quindi non confinata solo nel privato dei legami personali, ma quale dimensione morale e politica del rapporto individui-stato, da cui si disegna la ricontestualizzazione della politica in termini pluralistici e democratici. Non solo, ma la responsabilità risponde alle pressioni dell’individualismo esasperato e rompe l’isolamento, consente di ritrovare un sentimento di appartenenza, un impegno con l’altro in quanto segno significativo dell’identità dell’Io.
Il soggetto morale femminile - lontano da un'etica dei diritti e delle norme, privilegiata dalla riflessione maschile - pronuncia nuove parole e disegna inedite prassi: libertà (di costruirsi come persona, sfuggendo dai ruoli prefissati o funzioni rigide umanamente ingiuste, libertà dell'interscambio dei ruoli). Responsabilità, che sostanzia un’autonomia morale femminista “relazionale”, differente quindi dalla proposta kantiana, ma anche dall’utilitarismo: non si nasce e vive da soli, né si è mai stati tali.
Disegnare una libertà e responsabilità femminile, comporta una ridefinizione dei problemi legati alla sessualità e alla procreazione, colti come momenti di scelta autonoma - relazionale, contestuale - e non sotto il segno della necessità.
Etica della responsabilità per le donne impegnate in difficili scelte procreative è l'altra faccia di un'etica fondata solo sulla libertà. Si abbandona, infatti, la grammatica dei diritti (diritto della donna e diritto del feto), poiché non si tratta di diritti di due individui indipendenti, ma di una relazione tra due entità inscindibili che vivono la stessa vita, che a loro volta sono legate da una rete di relazioni con altri esseri (padre, altri figli, progetto di vita, etc.).
Etica della responsabilità essenziale anche in ambito politico, seguendo ancora Aristotele (chapeau!) secondo il quale - come è noto - l’etica è scienza politica, e a sua volta la politica è luogo della responsabilità.
Responsabilità, paradossi e problematicità, un‘ultima tessitura dei termini: la relazione tra i soggetti è improntata al riconoscimento di ciascuno/a come soggetto nella reciprocità e nella responsabilità.
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