Lunedi, 22/04/2024 - Il femminile di giornata / cinque. La pietà di Gaza
Inas Abu Maamar, una donna palestinese di 36 anni, piegata, annullata dal dolore, abbarbicata al corpo della nipotina Saly avvolto nel sudario. E' lo scatto del fotografo Mohammed Salem, vincitore del primo premio del World Press Photo 2024.
Un primo premio che ferma, testimonia e supporta, con un'immagine solitaria e potente, la memoria di una ennesima tragedia epocale che sta vivendo la popolazione di Gaza e, contemporaneamente, evoca silenziosamente una supplica per la pace.
Importanti, e stimolanti, per comprendere le motivazioni della scelta, le considerazioni della Giuria ”Cura e rispetto con cui la foto è stata composta, offrendo uno sguardo sia metaforico che letterale su una perdita inimmaginabile”.
Abituate come siamo tutte e tutti a vedere dal 7 ottobre 2024, ogni giorno, scorrere sugli schermi televisivi immagini di dolore, disperazione, sangue, morte che ci fotografano la tragedia prima, il 7 di ottobre appunto, degli Ebrei e a seguire dei palestinesi di Gaza.
Io, sebbene immediatamente attratta dalla foto premiata, mi sono chiesta quale fosse la sua forza mediatica, di immagine isolata, ferma, quasi stilizzata eppure anche per me sicuramente magnetica. E credo che stia proprio in quella sottolineatura della Giuria ”... offrendo uno sguardo sia metaforico che letterale”.
Forse non è casuale che già nel titolo, e poi immediatamente in molti commenti e articoli, facendo un dono unico al fotografo, si sia evocato un richiamo alla Pietà di Michelangelo, a una statua che, con la sua forza potente e ineguagliabile penetra e fa vibrare il marmo, racconta dolore e pietà, appunto, forse aldilà di tutte le immagini sacre e quadri famosi che hanno nei secoli “ricercato” l’immagine della Mater dolorosa.
Tornando alla nostra foto il dolore struggente che vi leggiamo, nel vuoto panorama, mi rimanda alle tante immagini che quotidianamente vediamo scorrere da Gaza e che evocano, nella folla, nella gente piegata dal dolore, fra case distrutte, detriti, immondizia e corpi ammucchiati la loro solitudine e un sentirsi abbandonati dal mondo, che mi rimanda, nuovamente allo scatto che della folla e di quella tragedia, diviene metafora parlante. Peraltro Inas Abu Maamar stessa, come ha raccontato il fotografo, nel bombardamento è sopravvissuta non solo a Saly, la nipotina che disperatamente stringe a sè, ma alla mamma e alle sorelle della bimba.
Un'immagine “composta”, come precisa la giuria, a cui è affidata la responsabilità di parlare, evocare e affiancare uno scomposto mondo, un mercato dell’umanità pieno di dolore, che invoca la pace e fa resistenza alla guerra.
Leggendo le notizie legate all’autore dello scatto, avvenuto pochi giorni dopo il fatidico 7 ottobre, è stato raccontato come Mohammed Salem, palestinese anche lui, fosse divenuto padre da pochi giorni e anche per questo suo particolare stato emotivo, l’espressione di quel dolore straziante fosse per lui divenuta particolarmente emozionante.
Con il risultato che splendida è la foto ma orribile ciò che testimonia, invitandoci a non dimenticare.
Ed il vero premio, davvero ambito, sarebbe la capacità di arrivare a smuovere chi ha nel proprio potere, nelle proprie mani la possibilità di far scattare infinite immagini di gioia regalate dalla pace, tanto desiderata e possibile se ricercata e costruita con forza uguale a quella spesa, a tutt’oggi, ogni giorno per la guerra.
Una foto, dunque, che aiuti la memoria di un orrore che deve finire, perché inaccettabile .
Paola Ortensi
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