Storia della vita romazesca di Marija Zakrevskaja, una donna in continua evoluzione che, partendo dai fasti di una nobile famiglia russa, attraversa il Novecento adattandosi ai cambiamenti dei tempi
La donna dalle cinque vite (edizioni e/o, traduzione di Alberto Bracci Testasecca) è un romanzo di Alexandra Lapierre che racconta la vita di Marija Zakrevskaja. Una donna nata alla fine dell’Ottocento, nell’odierna Ucraina, da una nobile famiglia russa. Marija, più comunemente chiamata Mura, partecipa ai fasti della società internazionale, è colta e intelligentissima. La sua vita scorre tra balli e chiacchiere, vestiti e concerti, come nella migliore tradizione aristocratica. Il 1917, però, sconvolge il suo mondo: i privilegi a cui era abituata finiscono. All’inizio della prima guerra mondiale Marija era diventata contessa sposandosi, a Berlino, con un diplomatico. Durante la rivoluzione del 1917, la sua famiglia viene uccisa e lei interrogata almeno in tre occasioni dalla Ceka, perché considerata una spia inviata dagli inglesi da Lenin, per convincerlo a non firmare la pace con i tedeschi.
È lo scrittore Romain Gary, a solleticare la curiosità di Lapierre, una scrittrice che da tempo si occupa di donne nell’ombra che hanno avuto una vita interessante. Come Artemisia Gentileschi o Fanny, la moglie dello scrittore Robert L. Stevenson. Ne L’educazione europea Gary racconta di una leggendaria baronessa Budberg che lo avrebbe aiutato ad avere una traduzione inglese del suo libro. Da qui la scrittrice francese ha iniziato a fare ricerche. E ha ridato vita alla Zakrevskaja.
La vita di Marija Zakrevskaja è stata romanzesca. Una vita che la fa orfana di un mondo, ma a cui sopravvive perché in grado di cambiare e adattarsi ai tempi. L’immagine che ne viene fuori è comunque quella di una donna segnata da lutti e dolori, ma a cui è stato permesso di essere libera di sperimentare (nella sfera sentimentale, politica e sessuale).
L'autrice, come negli altri romanzi, è stata scrupolosa. Si è documentata molto leggendo carte negli archivi, documenti ed epistolari. Anche se ha scelto il romanzo, in realtà, nella costruzione della trama non ha inventato poi molto. Il compito che la scrittrice si è dato è stato anche quello di distinguere la verità dalla finzione. Molto infatti è stato detto sulla protagonista. Ha verificato tutto in modo scrupoloso, dubitando anche delle parole della stessa donna perché alle volte, a detta dell’autrice, quello che raccontava sembrava troppo irreale per essere accaduto. Così l'autrice ha dovuto verificare tutte le affermazioni. Alcune, per fortuna, si sono rivelate vere, come quando Zakrevskaja segnala l'indirizzo in cui si trovava la prigione nel 1918. Ciò che più appare inventato si rivela reale.
A lei il marchio della spia. I documenti rivelano come la donna fosse considerata da tutti una spia. E come sia stata seguita dalle polizie di mezzo mondo. I russi la seguivano per le sue relazioni con gli inglesi e viceversa. Quando riesce ad arrivare in Estonia viene subito imprigionata perché il solo fatto che fosse potuta uscire dalla Russia bolscevica risultava equivoco. Quando arriva in Inghilterra viene intercettata, e al contempo a Parigi, quando va a trovare le sorelle, viene seguita dalla polizia francese. Negli archivi consultati, i faldoni su di lei si compongono di centinaia di pagine ma la conclusione per tutti è la stessa: è una spia. Anche senza prove che avesse venduto qualcuno.
Quel che è certo è che Zakrevskaja si trovava tra diversi mondi: russo, tedesco, francese. Insomma tra l’Oriente e l’Occidente. Ciò che l’ha tenuta in vita è stata una intelligenza del cuore, la capacità di adattarsi a chi aveva di fronte. E c’è anche un’altra cosa: tutti la dipingono superba, dotata sì di coraggio umano straordinario, ma soprattutto di un’alta levatura. Il che non è poco.
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