Importanza della Medicina di Genere. La parola alla dr.ssa Elena Ortona
Nata negli anni Novanta, la medicina di genere ha una storia giovanissima. Facciamo il Punto con la dirigente Centro di riferimento per la medicina di genere dell’Istituto superiore della Sanità
Giovedi, 28/03/2024 - Nata negli anni Novanta, la Medicina di Genere ha una storia giovanissima. La medicina dovrebbe essere la scienza illuminata dal faro della buona pratica, ma a che titolo lo è, allora, se la sua è una storia di dimenticanza del corpo femminile? Lo stesso corpo che, invece, è stato l’oggetto di un ossessivo controllo politico, è assente nella storia della scienza medica.
Abbiamo interpellato su questo tema la dottoressa Elena Ortona, che dirige il Centro di riferimento per la medicina di genere dell’Istituto Superiore della Sanità.
“Con Medicina di Genere intendiamo definire lo studio dell’impatto che il genere ed il sesso hanno sullo stato di salute di ogni persona. Dove per sesso intendiamo l’insieme di caratteristiche biologiche, i cromosomi, le gonadi, gli ormoni di ognuno. Mentre il genere è ciò che distingue a livello sociale il maschile ed il femminile ed i ruoli e le relazioni che ai due generi sono ascritti. È ovviamente un’ottica, quella di genere, trasversale che interessa tutte le specialità mediche. L’interesse nei confronti della Medicina di Genere è nato agli inizi degli anni Novanta, ma una vera e propria considerazione di questa necessaria ottica si comincia ad avere nel 2018, quando all’Istituto Superiore della Sanità in fase di riordino ha istituito il Centro per la Medicina di Genere che ha come obiettivo quello di promuovere, condurre e coordinare attività in ambito sanitario che tengano conto dei differenti bisogni delle persone”.
Quella delle donne e del corpo delle donne nella storia della medicina è una storia di sotto rappresentazione e svantaggio. A venire meno nella decodificazione del corpo a scopo terapeutico non è stata solo la differenza tra i sessi, ma l’intera soggettività femminile, la cui raffigurazione è stata assoggettata all’ottimizzazione di tempi e all’agilità dei processi.
“Lo sviluppo della rete è stata fondamentale per fare in modo che anche la politica comprendesse fino in fondo l’importanza della Medicina di Genere. Nel 2018 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale, ed è stata la prima volta nel mondo - la legge 3/2018 “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della Salute”. L’articolo 3 di questa legge, “Applicazione e la diffusione della Medicina di Genere nel Servizio sanitario nazionale”, richiedeva la predisposizione di «un Piano volto alla diffusione della Medicina di Genere mediante divulgazione, formazione e indicazione di pratiche sanitarie che nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura tengano conto delle differenze derivanti dal genere, al fine di garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale in modo omogeneo sul territorio nazionale» ricorda Ortona.
La sperimentazione non fluttua
Uno dei temi su cui il Centro di riferimento per la Medicina di Genere è al lavoro è la ricerca.
“E’ necessario strutturare dei percorsi di ricerca che tengano conto delle differenze tra i generi e arruolare soggetti (che siano animali o umani) di entrambi i sessi al fine di analizzare i risultati in maniera disaggregata, proprio per metterne in evidenza le differenze soprattutto in ordine all’aspetto farmacologico” ci spiega ancora la direttrice del Centro.
“Nella maggior parte degli studi farmacologici, specialmente negli studi sulle prime fasi che riguardano la tossicità e la tollerabilità della sostanza vengono quasi sempre arruolati solamente soggetti di sesso maschile, questo per evitare la variabilità data dalle fluttuazioni ormonali tipiche del sesso femminile. Ma anche per evitare danno ad una eventuale futura gravidanza”.
La crucialità di quanto emerge è evidente soprattutto alla luce del fatto che sono state le donne ad accusare la maggior parte degli effetti avversi nei farmaci che sono stati tolti dal commercio nel corso della storia.
Perché questo? Perché di quei farmaci venivano valutate tossicità e tollerabilità su un corpo che comunque è completamente differente da quello delle donne, non solo per dimensione e per peso, ma proprio per composizione.
Le donne si ammalano in maniera differente dagli uomini?
L’abbiamo chiesto ancora alla Dottoressa Ortona: “Molte malattie hanno una incidenza indicativa. Prendiamo per esempio quelle autoimmuni che per incidenza sono l’esempio paradigmatico; tra queste il Lupus Eritematoso Sistemico o la sindrome di Sjögren. Hanno un rapporto donna/uomo davvero sbilanciato anche a livello di dieci/quindici a uno, sembrano delle malattie esclusivamente femminili , ma riguardano anche molti uomini. Perfino le cause di morte per queste malattie possono essere diverse e anche la risposta ai trattamenti. Questo aspetto è fondamentale perché dobbiamo comunque sapere che un farmaco può avere degli effetti differenziati. Per esempio i farmaci biologici, i farmaci anti TNF, hanno un effetto diverso in uomini e donne. Gli uomini rispondono meglio, hanno una risposta più efficace a questi farmaci. Come anche ai farmaci sintetici, al methotrexate. La differenza nella risposta deve comunque essere tenuta da conto quando si fa un trattamento per la malattia, le cui manifestazioni anche possono essere diverse. Le differenze possono essere non solo nell’incidenza ma anche nel decorso, nella prognosi, nelle manifestazioni cliniche, nella risposta alla terapia. Possono essere tantissime. La medicina di genere studia queste differenze, le mette in evidenza tramite una ricerca epidemiologica che per prima cosa osserva le differenze, poi tramite una ricerca di base va a studiare proprio i meccanismi e i motivi per cui esistono queste differenze che possono essere motivi genetici ma anche motivi legati agli ormoni, legati all’epigenetica. Come anche il microbiota e gli stili di vita, la dieta, l’esposizione differente a sostanze tossiche dovuto anche a motivi lavorativi, a motivi occupazionali. Vanno studiati i fattori responsabili delle differenze e solo allora potremo veramente indicare quali possono essere prevenzione, diagnosi e cura equi, che diano quindi agli uomini e alle donne le stesse possibilità di guarire”.
“Anche se pensiamo agli studi preclinici: qualsiasi studio che si effettua sulle cellule, proprio per andare a valutare l’effetto di un ambiente, di una radiazione ultravioletta o comunque una sostanza tossica o un farmaco sulle cellule. Non viene quasi mai tenuto conto del sesso dell’organismo da cui queste cellule vengono prelevate e questo è un altro aspetto veramente importantissimo perché si è visto molto bene che cellule femminili e cellule maschili hanno una risposta differente allo stress: le cellule femminili sono di più, sono più resilienti, mettono in atto una serie di meccanismi che portano alla loro sopravvivenza, insomma si difendono meglio. Le cellule isolate da un organismo maschile, che siano animali che siano uomini, vanno più facilmente incontro a morte in presenza dello stesso stress. Non sono in grado di mettere in atto quei meccanismi di difesa e di protezione delle cellule femminili. Quindi di una stessa sostanza, se non si dichiara di che sesso è la cellula su cui viene testata si può avere un risultato completamente diverso. Questo porta a dei bias importantissimi. Probabilmente la ricerca non è fatta nella maniera più corretta? Questo è uno dei fattori per cui le donne sono state penalizzate. Anche gli studi sugli animali vengono arruolati animali di sesso maschile sempre per evitare le fluttuazioni ormonali. Si usano i maschi che sono sempre uguali e quindi non hanno bisogno di determinati esami, di analisi. In realtà le risposte sono completamente differenti. Vengono arruolati sempre in maggioranza gli uomini anche nelle sperimentazioni inerenti i farmaci che poi devono essere utilizzati per le malattie autoimmuni la cui incidenza è quasi esclusivamente a carico del sesso femminile”.
Bisogna ancora lavorare tanto, fare tanta formazione, tanta comunicazione.
D’altra parte in medicina il nostro corpo ha a malapena 40 anni.
Lascia un Commento