Il vecchio continente visto con gli occhi delle migranti
FOCUS / EUROPA (in)DIFESA/4 - L’Italia è il paese dell’accoglienza ma che non riesce a dare lavoro. Alcune migranti raccontano l’Europa che sognano e sperano di trovare
Ortensi Paola Mercoledi, 27/04/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2016
Il luogo dove la chiacchierata nasce, quasi per caso, è uno spazio tranquillo, piacevole, nel cuore della Capitale. Un gruppetto di donne sono ospiti di un’associazione che a Roma si occupa di intercultura e che, fra le diverse iniziative, organizza laboratori dove si imparano attività interessanti e utili. Un luogo in cui si trascorre anche del tempo, conoscendosi e scambiando parole ed esperienze che trovano radici comuni in culture anche molto diverse e geograficamente lontane. Un luogo in cui si tessono rapporti che guardano oltre il quotidiano, quel quotidiano che pur ci tiene insieme e tocca tutti e tutte.
Oggi si lavora all’uncinetto, mentre qualcuna ricama, realizzando piccoli manufatti utili: scialli e sciarpe, retine per la spesa e porta oggetti, presine, borsette, centrini e tovagliette e tanto d’altro suggerito dalla fantasia.
Alimentato da quegli spunti che nascono improvvisi, magari dettati dalle ultime notizie ascoltate, l’argomento che prende piede sembra troppo impegnativo, eppure è così intrecciato alla vita di tutte le donne presenti da risultare, non a caso, interessante. E pur nella stringatezza dell’esposizione, anche perché l’italiano di molte non è fluente, conferma tante delle idee e riflessioni che l’informazione ci presenta ogni giorno. Le dieci donne presenti - provenienti da Italia, Nigeria, Bangladesh, Libia, Etiopia, Albania - mettono insieme diversi luoghi di nascita e raccontano tanti percorsi di vita. Si può comprendere perché le idee che si intrecciano risultino più che interessanti. Sono donne arrivate in Italia da non meno di quattro o cinque anni - una di loro addirittura da venti anni - e hanno raggiunto il nostro paese per le ragioni più diverse, compresa l’Università, la guerra o il ricongiungimento familiare. Seppure, in alcune, con la confusione di chi lascia il proprio paese spinto da necessità, si può dire che l’idea che l’Italia fosse anche Europa è confermata praticamente da tutte, insieme al pensare di poter poi ripartire anche da qui per raggiungere altri stati, sempre con l’obiettivo di trovare lavoro. E qui si sottolinea il primo nodo, quello ritenuto il più importante e che le accomuna tutte: il lavoro. Il lavoro è il problema, riconosciuto come il traguardo per vivere con dignità per chi ha scelto l’Italia dopo averci studiato e poi per dare un senso alla fuga dal paese in cui si viveva, lasciato sempre con dolore e spesso per le violenze che lo attraversavano; paese lasciato anche abbandonando attività avviate e di successo, come per esempio un negozio o un ristorante. Qualcuna racconta che, non trovando lavoro con tutta la famiglia, dall’Italia ha tentato il passaggio in un altro paese nel Nord Europa, fino in Finlandia. E poi la speranza di insediarsi in Germania, perché lì il lavoro c’è ma, secondo le regole, sono molti quelli rispediti in Italia in quanto paese di arrivo.
L’Italia, dice qualcuna, rappresenta il paese che dal mare salva tutte e tutti quelli che può, ma il lavoro che ci avevano raccontato che avremmo trovato bisogna andare altrove per averlo, qui troviamo forse più solidarietà, ma il lavoro no!
La Germania ritorna nei discorsi e qualcuna dice che, però, li sono selettivi; ultimamente hanno fatto entrare solo quelli che vengono dalla guerra della Siria e i più preparati. Parlando di Germania affiora un’idea della Cancelliera Merkel come “amica” degli emigrati ma che non può tutto. Sull’Europa, e su alcuni dei paesi che la compongono, cadono anche forti critiche.
Aver ucciso Gheddafi, sottolinea qualcuna, ha scatenato la guerra e ha provocato la fuga dal terrore, perché lui “dava un ordine” all’Africa e lavoro a tanti.
Tornando all’Europa, chi in Italia è venuta per studiare e vi è rimasta, non avendolo programmato, per amore, ricorda il sogno europeo che nacque a Ventotene da un gruppo di giovani che immaginavano un’unione basata sulla convivenza, costruita poi gradualmente di riforma in riforma. E a lei fa eco chi ricorda, fra le italiane presenti, che tanto più in questo momento di attacco all’Europa bisogna ricostruire ideali e pensare ad un insieme di stati, uniti politicamente più che economicamente, impegnati a tornare allo spirito originario. Un’Europa di tutti che risponda al sogno che molti hanno immaginato raggiungendola, ma che non si realizza, viene sottolineato, se l’Unione Europea non risolve i suoi problemi. Chi lo dice era diretta in Canada ma si è fermata qui, diversi anni fa, “in questo paese così bello e che mi ha accolta”. E ragionando sull’oggi, ancora una considerazione che si aggiunge pensando agli emigrati dei nostri giorni, all’accordo recente che li vede in tanti “gestiti” dalla Turchia e ai quali, dice qualcuna, “l’Europa risponde male”. E parlando ancora di migranti, un altro argomento si fa strada: fino a che troppi stati, anche d’Europa, si appropriano delle materie prime e delle risorse dei paesi più poveri, la gente lascerà sempre la propria terra cercando riparo altrove. Concetti e parole, quelle riportate, che nella loro semplicità d’espressione rispecchiano il sentire di tante e tanti e a cui bisogna dare udienza come non mai in un momento in cui l’Europa è sotto attacco e, per farcela, deve stringersi, abbracciando interessi comuni.
Ringraziamo Ametula, Deby, Edith, Fafour, Farida, M.Teresa, Morsina, Paola, Shammi,Taio per aver condiviso con noi, e con le lettrici di NOIDONNE, i loro pensieri.
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