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Il problema della violenza

Il problema della violenza

Mara Carfagna, già Ministra per le pari opportunità, risponde alle domande di noidonne.org

Venerdi, 18/11/2011 -
In occasione della 13ma conferenza internazionale contro la violenza di genere, organizzata da Wave (Women Against Violence Europe), Associazione Nazionale D.i.re (Donne in rete contro la violenza) e associazione Differenza Donna, ricoprendo la carica di Ministra, lei ha confermato gli stanziamenti di 18 milioni di euro per i Centri anti violenza. Quali sono i tempi e le modalità di messa a bando di questi fondi?



Il ruolo svolto dai Centri antiviolenza e dalle donne che vi si dedicano, con una sensibilità rara, operatori e persone che lavorano per rendere il nostro Paese più giusto, è preziosissimo. Per valorizzarli e mantenerli vivi il governo ha realizzato il Primo piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking che tra i suoi punti prevede anche lo stanziamento di una somma ingente per mantenere efficienti questi luoghi dell’accoglienza, migliorarli, e, dove non esistono, crearne di nuovi. Le risorse finanziarie destinate per questo scopo ammontano a 18 milioni e 600mila euro. Risorse che sono state difese da ogni tentativo di aggressione dovuto alla crisi economica generale e gelosamente custodite in questi anni, al fine di poter realizzare azioni concrete. Il primo avviso è stato pubblicato lo scorso 3 agosto ed è finalizzato a rafforzare le azioni di prevenzione e contrasto al fenomeno della violenza. L’ammontare delle risorse è di 3 milioni di euro e il contributo per ciascun progetto ammonterà a circa 140 mila euro. Lo scopo è quello di incoraggiare sinergie tra gli attori presenti sul territorio per convogliare i finanziamenti su azioni coordinate e concordate. Nei prossimi giorni sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale un altro Avviso, del valore complessivo di 10 milioni di euro, di cui 6 milioni destinati a interventi di sostegno ai centri antiviolenza e alle strutture pubbliche e private, finalizzati ad ampliare il numero di servizi offerti alle vittime la cui incolumità sia particolarmente a rischio e 4 milioni di euro destinati all’apertura di nuovi centri antiviolenza a carattere residenziale nelle aree del paese dove è maggiore il gap tra la domanda e l’offerta.



Il 25 novembre è un’occasione per parlare della violenza contro le donne. Quali sono gli impegni a lungo termine del Ministero rispetto alla comunicazione e informazione, per la prevenzione, in particolare della violenza domestica?



In concomitanza con la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, sarà riproposta la campagna istituzionale di sensibilizzazione dal titolo emblematico “Respect women, Respect the world”, che prevede la messa in onda di spot video e radiofonici: una rosa bianca, simbolo del candore, diventa gradualmente nera, avvelenata da quel male oscuro che è la violenza contro le donne. Un dolore che troppo spesso resta privato, taciuto per paura o vergogna. Noi vogliamo, invece, che sempre più donne denuncino la violenza subita ed escano dal buio per tornare a vivere. Prosegue anche la messa in onda dello spot relativo al numero verde 1522, un servizio di emergenza dedicato alle vittime di stalking in grado di mettere in collegamento diretto le vittime con le questure, offrendo anche supporto psicologico e giuridico. Una campagna che serve a far conoscere questo importante strumento e che, a giudicare dall’aumento delle chiamate, sta dando buonissimi frutti.



Quando si parla di pari opportunità, di cultura di genere, di violenza contro le donne, spesso sono proprio le donne a essere in prima fila e a sentirsi chiamate in causa. Ma il problema della violenza contro le donne è un problema soprattutto di chi questa violenza la esercita, quindi maschile. Non crede che debbano essere proprio gli uomini a riflettere su questo? Come pensa che potrebbero iniziare a farlo?



Il problema della violenza è trasversale ai generi, anche se, come dimostrano le cifre, sono le donne ad essere, nella quasi totalità dei casi, le vittime. La causa del fenomeno, evidentemente, sono gli uomini. È soprattutto pensando a loro, per convincerli del fatto che la violenza non è accettabile, che abbiamo voluto rendere molto più severe e stringenti le normative che tutelano le vittime. Penso, innanzitutto, alla legge sullo stalking, che consente di fare prevenzione e sta portando all’arresto di quasi cento persone ogni mese, ma anche alle aggravanti per i reati di violenza sessuale. La prima forma di indirizzo che le istituzioni possono mettere in campo è quella che passa per le leggi. Ad ogni modo, tra le persone che si mobilitano in giornate significative come quella del 25 novembre e, in generale, ogni giorno dell’anno, ci sono sempre più uomini, spesso familiari o persone vicine alle vittime. Ed è un segnale significativo anche questo.



Secondo lei quanto è intrecciato il problema della violenza contro le donne con la rappresentazione distorta dell’immagine femminile, da un lato, e della svalutazione delle loro competenze , delle loro professionalità e capacità, dall’altro?



Non mi stancherò mai di dire che il modo in cui vivono donne e bambini in un Paese è la cartina di tornasole del benessere e della salute di una società. In una società sana e responsabile le donne troveranno sempre più spazio e saranno sempre più valorizzate, e con esse i loro bambini e le loro famiglie. E’ per questa ragione che abbiamo deciso di agire su diversi fronti, perché la questione fosse affrontata a 360 gradi. Così, da un lato stiamo intervenendo dal punto di vista legislativo: mi riferisco all’introduzione delle cosiddette “quote rosa” per facilitare l’accesso da parte delle donne a posizioni apicali all’interno di società quotate in borsa e partecipate dallo stato; una legge che ha innanzitutto un valore simbolico e che contribuirà a cambiare l’immagine più generale della donna. Per lo stesso scopo è attualmente alla Camere è in discussione un mio disegno di legge che introduce la possibilità di esprimere la doppia preferenza di genere nelle elezioni Comunali, in modo da innalzare gradualmente la presenza delle donne in politica. Nel frattempo abbiamo sottoscritto un Protocollo d’intesa con l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria che ci consente chiedere il ritiro di pubblicità offensive, volgari o denigratorie dell’immagine femminile: il far west non era più tollerabile. Abbiamo anche inserito all’interno del nuovo Contratto Nazionale di servizio Rai una clausola che vincola la tv a una rappresentazione più moderna della donna, con particolare attenzione alla sua crescita sociale, ai suoi diritti costituzionali, al suo ruolo nella famiglia, nella società civile, nelle istituzioni e nel mondo del lavoro.



Elisa Giomi dell’Università di Siena ha condotto la ricerca “La violenza maschile sulle donne nei telegiornali”, dalla quale emergono inquietanti manipolazioni e incompletezze delle informazioni su assassini noti e meno noti. La ricerca analizza gli stereotipi di genere nei casi di cronaca nera, sia per quanto riguarda le vittime, sia gli autori. Particolari raccapriccianti e illazioni da parte dei mass media, spesso smentiti dalle stesse indagini, tendono a spostare l’attenzione del pubblico e della società dal fenomeno della violenza maschile contro le donne alla nazionalità degli autori dei crimini, oppure alle loro appartenenze religiose, quando non addirittura al carattere, all’abbigliamento delle vittime. Secondo lei perché?




Anche in questo caso stiamo parlando di stereotipi che fanno male all’informazione e alla comunicazione in generale. Ma posso dirle, con un pizzico di orgoglio, che siamo intervenuti anche in questo senso, attraverso UNAR, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità. Unar, soprattutto nell’ultimo periodo, ha consolidato la sua attenzione in questo senso, attraverso l’osservatorio per il monitoraggio dei fenomeni discriminatori nei media e sul web, affinché stampa, tv, radio e il mondo della comunicazione in generale, siano sempre più mezzi di sensibilizzazione e promozione del confronto interculturale. Unar è intervenuto su testate e autori di articoli che avevano dato una rappresentazione semplicistica e quindi anche distorta degli immigrati e, più in generale, di categorie spesso vittime di discriminazioni: lo stupratore non è per forza un “rumeno”, i ladri non sono necessariamente “zingari”. Anche per questo motivo l’Ufficio antidiscriminazioni razziali, insieme alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana sta per avviare un lavoro di sensibilizzazione che interesserà non solo gli operatori dell’informazione, ma anche le scuole, affinché non ci si imbatta più in casi del genere che rischiano di annullare tutto ciò che di positivo, grazie alla collaborazione e l’interesse di tutti, la società sta costruendo.



Nel suo ultimo libro (Amore e Violenza, il fattore molesto della civiltà) Lea Melandri scrive: “Combattere la violenza manifesta significa oggi […] soprattutto riconoscere, fuori dalle ideologie che ancora esaltano la famiglia come rifugio, sicurezza, garanzia di cure e affetti, quello che è ormai sotto gli occhi di tutti, documentato da resoconti internazionali e dalle cronache quotidiane: l’annodamento perverso di amore e odio, di legami di dipendenza, indispensabilità reciproca e strappi volti ad affermare l’autonomia individuale”. I dati ci dicono infatti che la stragrande maggioranza delle violenze sulle donne è compiuta ad opera di mariti, fidanzati, ex, parenti, amici, vicini di casa… Per non parlare dei casi non denunciati, che rappresentano un sommerso inquietante. Cosa ne pensa?



Anche un solo caso di violenza, in sé, è un fatto gravissimo e che, di conseguenza, le istituzioni non possono e non devono abbassare mai la guardia. Gli omicidi in famiglia sono rimasti stabili nel tempo e nello spazio: sono stati circa 10 al mese nel biennio 2009-2010, 57 quelli di relazione. Numeri che ci inquietano e che ci convincono ancora una volta ad investire sulla prevenzione, potenziando tutti gli strumenti di assistenza, a partire proprio dai Centri antiviolenza e a diffondere il più possibile la conoscenza del 1522, spesso strumento di “primo contatto”. Rivolgersi subito alla persona giusta, infatti, spesso può salvare una donna e i propri figli dall’irreparabile.

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