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Il petrolio di Gaza

Il petrolio di Gaza

Non c’è soltanto il Muro in Palestina. Né soltanto l’acqua rubata da Israele per irrigare gli insediamenti dei coloni e lasciare all’asciutto i campi palestinesi. Non c’è soltanto l’apartheid e la segregazione etnica......

Lunedi, 21/07/2014 - "I Palestinesi continueranno a vivere come cani, e chiunque vuole se ne può andare"

Moshe Dayan, dopo la guerra del 1967



Non c’è soltanto il Muro in Palestina. Né soltanto l’acqua rubata da Israele per irrigare gli insediamenti dei coloni e lasciare all’asciutto i campi palestinesi. Non c’è soltanto l’apartheid e la segregazione etnica che il governo ebraico continua ad attuare dal 1948 ad oggi. Né resta sola - semanticamente - la parola Genocidio. Così terribile. E ancor più terribile quando paradossalmente a usarla è chi l’ha subita.

La vittima che diventa carnefice di altre vittime. Un classico. In psicoanalisi si chiama coazione a ripetere. La stessa patologia che ha permesso nel 2008 l’operazione “piombo fuso” - 1500 morti a Gaza e più di 80mila evacuati dalle proprie abitazioni. Una catastrofe. O meglio un paradosso. Un’impunità che diventa legale in spregio alle Risoluzioni del’Onu e al diritto internazionale. Il problema è che se svolgi funzione critica nei confronti del Governo di Israele diventi automaticamente anti-semita.

Un marchio. E le possibilità di dibattere si azzerano. Complice la propaganda e i rapporti di forza che pesano verso chi il nucleare ce l’ha e ha pure un esercito tra i più professionali del mondo. E usa impunemente fosforo contro civili definiti obiettivo militare. Alias terroristi. Perché altrimenti non si potrebbe giustificare il gesto. Un gesto che rompe tutte le Convenzioni internazionali. Prime tra tutte quella di Ginevra. Che avrebbe dovuto proteggere la sorte di civili e prigionieri in tempo di guerra.

L’impunità di Israele travalica diritto internazionale e legalità tra gli stati. È una guerra impari. Non soltanto per i morti. Ma per le forze schierate. Per gli armamenti. La propaganda. Il modo con cui vengono date le notizie sui media. E per il consenso tacito della comunità internazionale. Siamo tutti colpevoli. Tutti proni all’ennesima guerra colonialista ingaggiata da Israele. Nel 2014 esiste ancora uno Stato occidentale, senza costituzione, sito in Medio Oriente, foraggiato e alleato degli Usa, che affama e mette in prigione sul proprio territorio un’intera popolazione, per generazioni, dal 1948, e che continua a pretendere che la propria colonizzazione segua i dettami biblici della terra promessa.

Largo ai coloni e agli insediamenti ebraici. Fuori gli arabi: palestinesi e terroristi. Semplicemente padroni di casa scomodi, perché detentori di un diritto. Di nascita. Si ruba a chi è più debole. Difficilmente al più forte. Una follia. Accettata dal mondo. Perché altrimenti si scivola sul terreno scomodo dei paria. Degli anti-semiti. In realtà, di biblico l’ultima guerra coloniale ingaggiata da Israele contro Gaza, non ha proprio niente. Come riportato da “The Guardian” a metà luglio, si tratta di una semplice questione economica che ha che fare con gli idrocarburi. Gas e petrolio.

E’ il bacino del Levante. Il braccio di mare che bagna Gaza, Siria, Libano e Cipro che fa gola a Israele. Un’area instabile che deve essere normalizzata. Altrimenti il business delle compagnie petrolifere si rivolgerà altrove. Se c’è qualcosa che rende come una cambiale è la stabilità. Nel caso di Gaza l’esclusione del competitor-proprietario e quindi nemico-terorrista, da abbattere. Così si fa tutti contenti. E si ha una giustificazione all’azione militare. E quello che è accaduto e accade da luglio scorso.

Sterminare la popolazione di Gaza con la scusa che sono terroristi è l’autout necessario al governo di Israele. Lo ha detto il ministro della difesa Moshe Ya’alon: “L’operazione militare per sradicare Hamas“ ha come obiettivo di prendere il controllo delle riserve dell’enclave del Bacino di Levante. Ossia 40 miliardi di metri cubi di gas. Posizione di forza per accordi bilaterali. Ricchezza per essere autonomi sul fronte energetico o addirittura esportatori in Medio Oriente e Ue. Le prospezioni risalgono a molto prima del 2007. E prima dell’operazione Piombo fuso a Gaza. In quella data il ministro della difesa israeliano sosteneva che: “se i Palestinesi arrivano a sfruttare i giacimenti del loro gas, la trasformazione economica che ne risulterebbe, potrebbe aumentare notevolmente il loro potere”. Ovvio. E pericoloso per lo Stato colonialista di Israele. Da qui la Guerra, continua.

Emanuela Irace

 

Photocredit ©Nena-news.it

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