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GENDER GAP: COME USCIRNE?

GENDER GAP: COME USCIRNE?

L'Italia risulta settima tra i Paesi con basse percentuali di discriminazione, ma la strada per il raggiungimento dell'effettiva parità in tutti i settori è ancora lunga. E passa per la stima di sé e la capacità di fare rete e

Martedi, 09/06/2015 -
L'Italia è tra i Paesi in cui la disparità uomo donna "è" più attenuata, secondo un recente rapporto Ocse, basato sull'indice Sigi (Social Institutions and Gender Index), su indicatori che vanno dalle norme giuridiche, all'accesso alle risorse.

Su 160 nazioni osservate, il livello di disuguaglianza riscontrato da noi e in altri 15 Paesi, sia europei che non, è “very low”. Vuol dire che le donne possono “contare su misure che forniscono uguali diritti all'interno della famiglia e nell'accesso alle risorse, e che ne promuovono le libertà civili”. L'Italia sulla carta, è promossa a pieni voti, essendo i dati dell’indagine sugli usi e costumi di un Paese, estrapolati dalle maglie del suo sistema legislativo.

Non ci sarebbe traccia di discriminazioni nelle abitudini familiari o nelle opportunità offerte al genere femminile, anche nella partecipazione alla vita pubblica. Anzi il nostro Paese, è citato come esempio di best practice, per la promozione della leadership femminile. II paradosso è nella bassa presenza in politica delle donne, nonostante le quote rosa, sia nelle istituzioni nazionali che in quelle locali. Nel Parlamento italiano “siede poco più del 30% delle donne”, quota inferiore rispetto ai Paesi più avanzati. Una disomogeneità che si ripete nei consigli comunali e nelle giunte regionali. Fa eccezione la Campania, dove, grazie all’inserimento della doppia preferenza dal 2009, la presenza femminile nel consiglio regionale è aumentata del 20%. “Tranne rare eccezioni, non ci sono mai stati in Italia leader politici, né capi di Stato o presidenti del Consiglio donna”. Tra i Paesi Ocse che ci superano in questo campo: USA, Francia, Portogallo e Regno Unito, dove nella recente campagna elettorale, sono spiccate tre donne leader: Nicola Sturgeon, del Partito indipendentista scozzese, Natalie Bennet, dei Verdi, Leanne Wood, del Partito gallese. Sono tutte e tre di sinistra, poco più che quarantenni e si sono abbracciate sul palco al termine di un dibattito tra i leader di tutti i partiti. In Scozia, sono donne, i leader di tutti i partiti politici.

Tornando all’Italia, secondo uno studio dell'Agenzia per i diritti umani, la violenza domestica è presente nel 19% delle relazioni di coppia: cifra probabilmente sottostimata, per “la vergogna delle donne nel riconoscere questo tipo di abusi. E che dire poi dei femminicidi in costante aumento? Un lungo capitolo a parte. Secondo lo studio sul Global Gender Gap del World Economic Forum, ci vorranno altri 81 anni per il raggiungimento dell'uguaglianza assoluta in occupazione e salari (per parità salariale siamo 129esimi). L'Italia risulta settima tra i Paesi con basse percentuali di discriminazione, mentre il Paese che tratta meglio le donne, è il Belgio, dove la violenza domestica e le molestie sessuali sono reati, combattuti con leggi che ne hanno aggravato le pene. A marzo, Strasburgo ha approvato la risoluzione Tarabella sulla parità uomo-donna, compresa la parte in cui si sottolinea che le donne devono avere il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi, “segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto”, seppur con l’eccezione, che ogni nazione può gestirli in autonomia. Per dirla con Simone de Beauvoir: “la donna deve avere coscienza del suo posto nel mondo, coscienza delle proprie idee: una linea di vita, che poggia su ben altri valori che non la sessualità e l'amore stesso. Questi valori sono: coscienza intellettuale, cultura, ambizione”. Per il Times di Londra, se Hillary Clinton l’anno prossimo diventerà presidente degli Stati Uniti, i capi di governo donna nel mondo saranno 23, esigua minoranza se si considera che le nazioni sono 200: ma è un fenomeno in crescita.

La donna può essere protagonista nel cambiare il mondo. È necessario anzitutto che abbia sufficiente autostima, un altro gap di genere, freno a qualsivoglia carriera. Mentre gli uomini attribuiscono il proprio successo a se stessi, le donne, a fattori esterni, come documentato da una ricerca in Inghilterra, che ha rilevato come il 50% delle donne manager non si senta all’altezza del proprio lavoro, contro il 30% degli uomini. La fiducia in sé è parte fondamentale del talento: è necessario credere in sé per trasformare i pensieri in azione.

Le donne devono imparare a prendere di più la parola in pubblico, mettersi in gioco e agire anche in settori inesplorati, rischiosi, sapendo che dagli eventuali fallimenti si può uscire, e rafforzati; essere meno autocritiche e più assertive: l’assertività è il lato buono dell’aggressività; imparare a dire di no, ovvero non annullare i nostri tempi e i nostri spazi, in nome dell’empatia femminile; lavorare in gruppo, come ben sanno fare, senza entrare in competizione con altre donne; se capita di lavorare con colleghi più anziani, farne una palestra per la propria crescita; non temere di mostrarsi vulnerabili, ma dimostrarsi aperte ad apprendere. Scimmiottare, come si è fatto per decenni, i comportamenti maschili, rispecchia una scarsissima autostima femminile.

È fondamentale imparare a “fare sorellanza”. Le donne sono più aperte alle influenze positive e pertanto possono essere le protagoniste di un cambiamento che crei finalmente un’inversione di rotta, impiegando competenza, creatività, capacità di cura, per riportare etica e morale in politica e in ogni altro campo, per realizzare una società che ritrovi lo smarrito senso di umanità. È necessario creare un nuovo modo di vivere, sforzarsi di elaborare un proprio modello politico-culturale autonomo e alternativo, anche nel linguaggio, senza scimmiottare quello preesistente o prestarsi ad essere yes women del leader di turno. Occorre imparare a fare rete, al fine di diventare più forti e far sentire la propria voce in ambito nazionale e internazionale.

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