“Prima ostaggio della vallata, / il vento si libera / poi, / e, / trasportando con sé / frantumi di sere d’estate, / accarezza il verde seno / delle colline. / Avanza infine verso una notte d’amore.//. E' la poesia eponima...
Venerdi, 17/03/2017 - FAUSTA GENZIANA LE PIANE, Ostaggio della vallata.
“Prima ostaggio della vallata, / il vento si libera / poi, / e, / trasportando con sé / frantumi di sere d’estate, / accarezza il verde seno / delle colline. / Avanza infine verso una notte d’amore.//
È la poesia eponima che titola il libro di Fausta Genziana Le Piane, Ostaggio della vallata, Edizioni Tracce, Pescara, 2014, ulteriore prova di Fausta Genziana Le Piane artista versatile nel suo percorso di poesia, prosa, collages, oltre che studiosa di lingua francese e grammatica italiana. In questi pochi versi ha felice resa l’ambiguità del dettato poetico, su chi sia ostaggio, chi vallata e chi infine vento: potrebbe dirsi struggente dichiarazione di poetica, ove l’autrice svela il proprio incontro amoroso con la Poesia. Ma è con la vita stessa l’appuntamento costante, poiché vita e poesia si compenetrano e si abbracciano, in quel tanto di aereo e di terrigno che le assimila. Ecco allora la bella metafora con cui la pratica poetica, nella sua centrata funzione di tékhne, viene paragonata a un pozzo da cui attingere acqua creativa: “Aggiungi parole / - sole - / al pezzo della poesia, / graffia/ sillabe / lettere / acqua / al secchio / che vecchio non è / che sale / scende / pende / e poi riprende / spennella versi / su fogli sparsi / e scrive la vita. // L’intera raccolta è attraversata dall’aereo sublimare e al tempo stesso dalla sensuale materialità delle cose e degli accadimenti. Ariosa e concreta insieme, Fausta ci accoglie e ci accompagna nella sua vallata, costellata di componimenti prevalentemente brevi, dove il lirismo, mai eccessivo, mai usato, ma tenuto, controllato, si accorda al ritmo interiore e all’urgenza di fedeltà al reale. Così la Solitudine - incatenata alle scarpe/ ogni battito del giorno - / scivoli la sera / in morbide pantofole / e ti addormenti / sotto il letto//. Quant’è vera questa immagine, in questi versi limpidi quanta dolce crudezza che percorre un po’ tutto il libro, quale cifra dell’autrice nel suo scandagliare il dolore, puntuale convitato in ciascuna delle sei sezioni.
Dalla prima Selene ed io all’ultima Torneranno le parole, passando per Il bisogno di te, Nell’incavo caldo, Resuscita Lazzaro!, Fermasogni, il vissuto personale dell’autrice incontra altri destini, altre figure femminili, rese alcune in forma di dedica; la vallata si espande verso altri paesaggi e macerie, creando legami fascinosi e imprevedibili, come la lunare classicità di Selene a confronto con un doppio di tradizione orientale, la fredda maschera no. Mille occasioni di stupore e disincanto, che sconquassano e dalle quali a volte prendere le distanze, cercando riparo; ecco, non a caso verso la fine del libro, il distico Rifugio: “Dove posso nascondermi/affinché la Vita non mi sorprenda?/ Ma subito dopo la breve poesia Palpiti torna come monito: “ Piccoli schizzi/piccoli fremiti/vibra/cuore mio/vibra.
A dettar legge è sempre Amore, nelle sue variabili, illusione e disamore, sogno, attesa, promessa; anche preghiera..
Ostaggio della vallata è un arco poetico di rinascita, un luogo altro dove forse Selene e Lazzaro si incontrano e si riconoscono, finalmente Senza più incanti / senza più ombre / La Vita in pieno giorno.//
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