Sabato, 13/05/2023 - “Prima gli italiani” lo sentiamo ripetere da anni e alla fine l’auspicio e programma è in procinto di realizzarsi davvero, dato che a rimanere PRIMA senza pensione tra pochi anni saranno proprio i molti italiani anziani e non i pochi giovani immigrati che lo Stato avrà provveduto a regolarizzare e che della loro pensione non hanno al momento la necessità di occuparsi.
Di slogan ne abbiamo sentiti anche altri. Tra questi splende di luce impropria la “sostituzione etnica”, che non rimanda soltanto a esternazioni più o meno recenti della destra italiana ma, purtroppo, anche a denunce falsificanti dei sostenitori delle teorie del complotto, note come grande sostituzione, con cui si è tentato di spacciare per lecite talune operazioni stragiste.
A chiunque non abbia il cervello ottenebrato da asti razziali espressi o repressi, appare chiaro come occorra ampliare la platea delle forze attive che, nel produrre un reddito attraverso il proprio lavoro, forniscano attraverso il pagamento dei contributi un mezzo per pagare ADESSO le pensioni italiane, in vista di godere dello stesso beneficio in futuro mediante la ripetizione della dinamica.
Se, a causa della contrazione delle nascite, forze attive nostrane ce ne saranno a breve pochissime rispetto alle necessità che si profilano drammaticamente all’orizzonte, non sembra ci siano alternative al ricorso alla capacità contributiva degli immigrati che occorrerebbe dunque non respingere (o tentare di farlo) ma, al contrario, regolarizzare il più possibile, affinché possano svolgere quel ruolo di salvagente che l’alta marea in arrivo non rende più possibile procrastinare.
È quello che chiede la sinistra e che fa storcere il naso e l’intero viso alla destra. Se ne potrebbe dedurre che la destra sia venata – e anche molto - di razzismo e che la sinistra invece ne sia esente. Le differenze non sono però così nette e vedremo più avanti il perché.
La destra ha lanciato a gran voce un programma per incrementare la natalità. Le misure però sono esigue soprattutto in rapporto alla durata. Si è calcolato che, per riparare nel tempo e non nell’immediato al deficit di nascite registrato, ogni donna dovrebbe partorire un po’ più di due figli, non nel senso di orientarsi verso un assemblaggio post partum di “pezzi” per ottenere in cooperativa un bambino intero (a questo ancora non siamo arrivate, in futuro chissà, certe premesse non lasciano presagire nulla di buono), ma secondo una banalissima media statistica.
Le giovani coppie che vorrebbero avere dei figli ma che lo evitano per mancanza di sicurezza economica non cambieranno opinione solo perché, per iniziativa di questo o quel governo, arriva un assegno temporaneo atto ad alleviare le prime spese che ogni nascita comporta. Quella figlia o quel figlio arrivato dovrà anche crescere e per lui/lei occorrerebbe avere dunque maggiori entrate di lunga durata affinché generare dei figli non sia di fatto un salto nel buio da, in totale ragionevolezza, evitare. Non solo, ma come si è giustamente fatto notare, prima che le nuove nate e i nuovi nati possano lavorare contribuendo dunque al salvataggio delle pensioni degli anziani passeranno un bel po’ di anni; qualcuno forse non se ne è reso conto, ma non si può mandare a lavorare un soggetto in età da biberon.
Tutto questo la sinistra lo sa e lo proclama anche con chiarezza. Peccato che altrettanta chiarezza le sinistre non abbiano mostrato di averla anche prima e cioè quando, sia pure variamente combinate, sono state al potere in molti degli anni passati.
Puntare sui contributi degli immigrati e dunque ricorrere a loro in chiave puramente utilitaristica sarebbe una misura da adottare con urgenza per un tamponamento immediato. Pensare però che con questo si possano risolvere anche i problemi futuri è infondato, perché quel che avverrebbe in tempi brevi non sarebbe una sostituzione etnica a detrimento dei bianchi italiani ma una sostituzione culturale a detrimento dell’automatismo generativo che si attribuisce, a torto o a ragione, alle popolazioni immigrate.
E qui non casca solo l’asino ma cascano tutte le forze politiche, che siano di destra, di centro o di sinistra.
Le cause della scarsa natalità sono, sì, in massima parte economiche - e la precarietà lavorativa del mondo giovanile gioca un ruolo primario - ma non soltanto. Esistono anche ragioni culturali, quelle che hanno indotto già da anni molte donne a NON VOLER generare, consapevoli del fatto che la loro realizzazione personale sarebbe stata compromessa dalla presenza, richiedente impegno, di figli e convinte che la loro realizzazione non coincidesse con la funzione della maternità.
Ciò non è dipeso e tuttora non dipende solo dalle difficoltà economiche e strutturali (la risibile quantità degli asili e il mancato coinvolgimento pratico del maschio, molto frequente, nella cura della prole); discende anche da una maggiore consapevolezza di ciò che alla maternità consegue in termini di responsabilità verso i figli generati, la cura dei quali è tanto assorbente da poter solo venire alleviata ma non certo azzerata da un’equa distribuzione dei ruoli o dalla presenza di strutture sociali idonee sul territorio.
Alla luce di queste considerazioni, appare stolta e destinata a infrangersi la convinzione che questo aspetto non finirà col “contagiare” a non lunga distanza temporale anche le donne che oggi arrivano per effetto dell’immigrazione, clandestina o regolare che sia, o quanto meno le figlie che da loro nasceranno.
Integrarsi nella società italiana non comporta solo l’opporsi a indossare il velo o il rifiutare i matrimoni combinati, per quelle donne la cui cultura d’origine tutto ciò lo prevede. Integrarsi in una cultura significa fare propri molti valori di quella cultura. Se la sinistra ritiene che le donne immigrate continueranno indiscriminatamente a far figli in luogo delle donne italiane, allora anche la sinistra di fatto è venata di razzismo, oltre che soggetta alle illusioni.
In sostanza le misure per la natalità sono necessarie. Misure complete e a tutto tondo e non solo briciole. Misure che vadano, oltre a un assegno iniziale, al poter contare su un alloggio adeguato e sufficiente anche per ampiezza, al poter fare affidamento su un’assistenza sanitaria efficiente ed estesa, alla promozione della condivisione di cura dei figli tramite congedi familiari equamente distribuiti tra i genitori, sino ai contributi per l’istruzione della prole. Solo così quelle coppie o quelle donne single che vorrebbero avere dei figli – che come già rilevato non coincidono con tutte le donne in età fertile presenti sul suolo italiano - potranno soddisfare il loro desiderio a beneficio anche della comunità.
Queste ampie misure sono da attivare al più presto, sia per convincere le donne italiane sia per convincere le donne immigrate, che potrebbero – e a ragione - molto prima di quanto si pensi non volersi addossare il pesante RuoloSalvaStato immaginato per loro.
C’è ancora una considerazione da fare. Da sempre ho potuto constatare come molte delle donne che non hanno voluto o, per cause varie, potuto avere dei figli si lamentino per talune agevolazioni di cui “godono” le donne che invece i figli li hanno messi al mondo. Ho sentito ripetutamente, ad esempio, insegnanti parlare di discriminazione per i punteggi aggiuntivi che producono precedenze in talune graduatorie pubbliche relative all’insegnamento, come se a quei figli, dalle altre donne messi faticosamente al mondo e altrettanto faticosamente allevati, non corrispondesse un lungo “lavoro” psicofisico usurante per le madri e come se quei figli non servissero anche alle non madri, per mantenere una popolazione scolastica tanto nutrita da consentire di non dover contrarre i posti di lavoro disponibili nel tempo. Questo atteggiamento non lo si rileva solo tra le insegnanti ma, più ampiamente, nel pubblico impiego. È una pecca, tutta al femminile, da cui occorrerebbe mondarsi. Essere libere di non volere figli è un diritto; pretendere di avvantaggiarsi della generatività altrui, senza assumerne il benché minimo peso, è un atto egoistico e miope.
12 Maggio 2023 – data e ora italiane
Nota: immagini di pixabay.com.it:
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