Donne da vittime a costruttrici di pace - di Ottavia Costantini
La pace negativa e la pace costruttiva... una riflessione
Giovedi, 07/04/2022 - La dott.ssa Marcella Orsini, antropologa, responsabile dei progetti di cooperazione e solidarietà internazionale della Fondazione Don Bosco nel mondo, volontaria Pangea onlus e redattrice della rivista Mosaico di Pace (Pax Christi), con una semplice presentazione è riuscita a introdurre noi studenti al concetto di pace, e all’importanza del ruolo di tutte le donne per mantenerla e promuoverla. Per prima cosa bisogna comprendere bene che cosa significa la parola “pace”, bisogna dire che sicuramente con il passare dei secoli l’accezione che ha avuto il termine è cambiata molto, per ogni individuo però la pace è qualcosa di diverso, ma comunque riuscire a darne una definizione più corretta è importante.
Dopo qualche riflessione e intervento noi siamo giunti ad un punto: abbiamo capito cosa NON è la pace, già un buon inizio per riuscire ad identificare questa parola così astratta ma al contempo concreta, soprattutto in periodi come questo in cui conviviamo con più di 350
conflitti attivi in tutto il mondo. “La pace non è una pausa tra due guerre”, qui siamo andati a imbatterci in un’altra grande affermazione, “questa sarebbe una pace negativa” abbiamo detto sicuri. Ma quindi qual è la pace “positiva”?
La dott.ssa vedendoci un po’ bloccati ci ha fornito alcuni spunti, “diritto umano”, “ diritto totalizzante” “scelta”, riflettendoci poi bene dopo
la conclusione dell’incontro possiamo affermare di aver finalmente scoperto cosa è questa ambitissima e amatissima pace: è una costruzione fatta di scelte, che nasce come diritto umano nella carta del 1949, e comprende tutte le decisioni, le azioni e le espressioni che
siamo in grado di esprimere senza sentirci oppressi, spaventati oppure obbligati.
Da qualche decennio si parla molto di “gender empowerment” ossia alla lettera “emancipazione di genere”, questo è stato argomento della IV Conferenza Mondiale delle Donne tenutasi a Pechino nel 1995. L’obiettivo principale di questo incontro internazionale fu quello di iniziare a sviluppare attivamente e concretamente l’idea di “prospettiva di genere”, secondo la quale le donne diventano vittime e non nascono tali, perciò il loro corpo non deve diventare oggetto di sfruttamento e svago per uomini che le ritengono troppo inferiori oppure delicate per discutere di temi come la guerra. Grazie anche a questa conferenza l’aggressione alle donne divenne punibile dal diritto internazionale, è una violazione del diritto delle donne, la guerra va ripudiata e essendo l’assalto un’arma bellica è da condannare anche questo.
Le donne di tutto il mondo sono impegnate nella costruzione della pace, diventando così promotrici di peace making, peace building e peace keeping, ossia della creazione e del mantenimento della pace. Questi compiti entrano in gioco quando si tratta di missioni fatte nei Paesi colpiti da tensioni e le donne che partecipano devono mettere in atto: la protezione, la prevenzione e la partecipazione che sono tutte risoluzioni nate dopo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 2000 e che finalmente abilitano ogni vittima di aggressioni, rapimenti e violenze (esempio: stupri di massa) a poter denunciare questi atti disumani e ricevere risarcimenti.
La Co-presidente di Pax Christi International, Suor Terese Wamuyu Wachira, ha scritto un articolo riguardo l’ostico caso dell’ Africa, più specificatamente del Kenya. In questo Paese Africano i diritti delle donne sono praticamente totalmente ignorati e ci si aspetta che siano
loro a “guadagnarseli” , infatti violenze di ogni tipo sono all’ordine del giorno, ma ciò che è più difficile da digerire sono le piccolezze delle quali ogni essere umano dovrebbe essere dotato come la libertà di espressione o di circolazione senza la presenza di un uomo.
Suor Terese spiega che fin dai tempi dell’università aveva iniziato a pensare al ruolo delle donne nella società e alla violenza non solo fisica ma anche culturale che viene loro inflitta.
Ritornando quindi al tema della guerra, in Kenya le donne sono impegnate nella rigenerazione di un contesto sociale dopo conflitti violenti, e grazie alle loro parole forti più di qualsiasi arma riescono ad allontanare i loro figli, fratelli o mariti dalla violenza, unica cosa a cui sono stati abituati, in secondo luogo riescono ad incoraggiare forme di riconciliazione in comunità che sembrano distrutte. L’autrice conclude affermando che è fondamentale che le donne siano incluse in progetti per la costruzione della pace, in quanto, forse per abitudine passata di generazione in generazione, sanno cosa sia la brutalità più di ogni altro e perciò riescono a trasformare gli abusi in potenza e dare prospettive per un’intesa sempre migliore.
In conclusione io credo che la forza delle donne sia risultato della cooperazione che esiste tra di loro e soprattutto grazie alle loro sensazioni, percezioni e impressioni, che pur essendo molto diverse per natura da quelle degli uomini, sono ugualmente valide e vanno promosse per raggiungere obiettivi sempre più coesi. “Ma non saremo stanche, neanche quando ti diremo ancora un altro si” così conclude Fiorella Mannoia la sua canzone “Quello che le donne non dicono”, noi donne siamo esseri forti e resistenti e abbiamo sopportato le peggiori
oppressioni, sicuramente non ci fermeremo adesso davanti alle difficoltà del presente e mai lo faremo, neanche il più aggressivo divieto sarà da censura per noi.
Ottavia Costantini
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