Del COGNOME dei CONIUGI e dei FIGLI, delle SEMPLIFICAZIONI e dei… CUGINI
Contraria agli interessi della coppia l’esaltazione della semplificazione, trattata nell'audizione del 29 febbraio in Commissione Giustizia del Senato.
Martedi, 26/03/2024 - Nella prefazione al libro Il cognome delle donne, di Grazia Speranza, la sociologa Chiara Saraceno scrive: «Le mie figlie, quando erano piccole, parlando di sé come appartenenti a un gruppo familiare allargato, dicevano “noi Saraceno”, anche se avevano il cognome del padre, perché i cugini erano tutti dalla “mia” parte, così come la grande maggioranza degli zii e delle zie (…) e rimasero un po’ deluse quando scoprirono che in realtà non si chiamavano come me e che anche i loro cugini, che pure condividevano quel “noi”, avevano cognomi diversi a seconda che il loro papà, non la loro mamma, si chiamasse o meno Saraceno (1).
Una perplessità relativa ai cugini, viene espressa nel corso dell’audizione in Commissione giustizia del 29 febbraio dal senatore Sergio Rastrelli, che l’aveva manifestata anche nella seduta del 15 febbraio, già commentata.
Ho il sospetto che questa riflessione – il senatore Rastrelli mi perdoni se sbaglio – non sarebbe stata formulata se non si fosse pensato esclusivamente ai cugini del lato paterno, dato che di quelli del lato materno nessuno si era mai preoccupato quando vigeva la regola ferrea della patrilinearità dei cognomi, come nessuno si era mai preoccupato del fatto che persino i fratelli nati da diverse unioni della stessa madre apparissero come estranei, non solo rispetto a lei ma anche tra loro, situazione abnorme da me denunciata in un mio articolo del 1982 (2) e in diverse occasioni successive (3 e 4).
Che questa estraneità possa investire oggi i figli di uno stesso padre turba invece moltissimo. Il senatore ha fatto comunque uno, anzi due interventi importanti, collegando il rischio di cancellazione della riconoscibilità familiare al suggerimento di varare una regola restrittiva, con cui si lede la libertà di ciascun genitore avente un doppio cognome, vincolando per legge al primo elemento e mai al secondo l’attribuzione del cognome al figlio. In sostanza, per la mania della semplificazione e della velocizzazione delle procedure amministrative delineabili, si pretenderebbe che un genitore, che abbia una consistente parentela solo da uno dei suoi rami familiari e un’esiguità o addirittura un’assenza di parentela dall’altro, sia privato della possibilità di attribuire alla prole il cognome che inserirebbe i suoi figli in una rete familiare più estesa, comprendente zie, zii e magari anche cugine e… cugini, come sarebbe più ragionevole e utile che fosse.
La proposta del primo obbligatorio con decapitazione preventiva del secondo cognome era stata già avanzata dal professore di diritto privato comparato, Nicola Brutti, nel corso dell’audizione del 15 febbraio (5), nel corso della quale si era anche esaltato l’ordine alfabetico la cui giustificabilità è stata da me fortemente contestata nella lettera aperta precedente (6). A quest’ordine, collocato sull’altare del sacro, viene immolata la dignità dei genitori e la loro disponibilità a un fruttuoso dialogo. L’obiezione secondo cui il provvedimento scatta solo ove non si raggiunga spontaneamente un accordo sull’ordine costituisce un falso. Nella realtà si mina proprio la possibilità che nel corso di un dialogo paritario i genitori raggiungano un accordo, regalando a priori a uno dei due la certezza di VINCERE sulle ragioni o i desideri dell’altro.
Nell’audizione del 29 febbraio (7) sia l’ordine alfabetico sia l’attribuzione coatta del primo dei cognomi, per il genitore che ne abbia più d’uno, sono stati indicati nuovamente come necessari per lo Stato da parte della Dottoressa Teresa De Vito, Direttrice Generale della Direzione Centrale per i Servizi Demografici.
La Prefetta si è dimostrata convinta dell’utilità amministrativa di norme il più possibile semplici o semplificanti, al punto da dichiarare che la prassi relativa alla dichiarazione di nascita – contestualmente alla quale si forniscono le indicazioni sul prenome e il cognome del figlio – possa continuare a essere la stessa dell’attuale, in quanto la legge “presume” che nel matrimonio il singolo genitore esprima la concorde volontà di entrambi. A suo avviso nessun padre verrebbe meno alla parola data alla moglie sul nome e sul cognome da indicare, trattandosi di una dichiarazione ufficiale…
Qualcuno anzi qualcuna, però, la pensa diversamente ed ecco che la senatrice Giulia Bongiorno, presidente della Commissione, contesta con buona vivacità l'elogio della “semplificazione” appena fatto dalla Dottoressa De Vito, ma limitatamente alla continuità con la situazione attuale in merito alla dichiarazione di nascita.
E il resto? Quando apparirà chiara alla Commissione la necessità di abbandonare il solco di una tradizione statalista, che interferisce nei diritti dei singoli anche quando l’interferenza è un abuso?
A tal proposito, riporto per economia, un brano della mia lettera aperta già citata (8).
«Questa intromissione nella libertà individuale, che invece è stata attentamente tutelata dalla Corte costituzionale nella 131/2022, rappresenta di fatto una lesione di quel principio emerso anche dalla sentenza CEDU 7/2014 (Ricorso n.77/07), che esclude che lo Stato possa limitare, se non in pochi casi specifici, il diritto dei singoli di imprimere alla propria famiglia l’indirizzo che ritengono più congruo anche in merito al cognome dei figli.
La sbrigatività tipica dell’apriori a cui in questo frangente ci si appella NON è sufficiente a legittimare la limitazione proposta. L’art. 8 della Convenzione (9), sul «diritto al rispetto della vita privata e familiare», recita infatti al comma 2: “Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.
Si vorrà convenire, si spera, che obbligare i genitori all’attribuzione ai figli del primo dei propri cognomi non ha alcuna attinenza con le ipotesi di legittimo limite contemplate dalla CEDU in detto articolo», né la possiede il ricorso per il “doppio cognome” del figlio alla sequenza obbligatoria secondo l’ordine alfabetico, in caso di discordia tra i genitori.
23 Marzo 2024
______________________________________________
Link di riferimento
(1) Grazia Speranza, Il cognome delle donne, 2024, E-sordisco, p. 15.
(2) Iole Natoli, Ecco un progetto che rivoluziona la secolare tradizione maschilista, Perché al figlio il cognome del padre?, L’ORA, Palermo, 25.01.1982, https://cognomematerno-archiviostorico-italia.blogspot.com/2013/07/ecco-un-progetto-che-rivoluziona-la.html
(3) Iole Natoli, scritti sul cognome, https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/p/iole-natoli-e-il-cognome-materno_19.html
(4) Convegni e interviste, https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/p/convegni.html
(6) Iole Natoli, Una consuetudine che offusca la mente e altre negative amenità, https://ilcognomematernoinitalia.blogspot.com/2024/03/il-cognome-dei-coniugi-e-dei-figli-nei.html
(9) CEDU (Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali) https://www.echr.coe.int/documents/d/echr/convention_ita
Lascia un Commento