"Ciò che passa per essere cronaca nera, o gossip, è spaventosa e pericolosa emergenza sociale, se guardata dall’osservatorio dell’educazione e della formazione alle relazioni umane.."
Che sollievo avere due argomenti da scegliere per appagare la nostra quotidiana dipendenza cronica dal gossip social: oggi mi dedico alla querelle (adesso anche giudiziaria, che bello) Sangiuliano/Boccia oppure si va decisamente sul trash con il dissing (e si ripassa l’inglese, vedete che la cultura c’è) Fedez/Effe?
Però un momento: c’è anche da spiare, tra social e stampa mainstream, la soap horror sulla giovanissima rimasta incinta non una, ma ben due volte, all’insaputa della sua famiglia, del fidanzato, della di lui famiglia e dei vicini, il che è strano, perché il Italia i vicini di rado si fanno gli affari loro. Di questa ragazza ormai è tutto noto, forse manca solo la taglia delle scarpe: i dettagli di cosa ha fatto dopo i due parti, seguiti da infanticidio, sono ampiamente in cronaca. Seguono disertazioni di professionisti della psiche che illuminano sulla disconnessione. Amen.
Il punto è proprio che la disconnessione non c’è: siamo una umanità sempre più povera emozionalmente, le relazioni dirette e fisiche sono sempre meno (e spesso pregne di aggressività) mentre quelle virtuali sono diventate preponderanti e questo è considerato normale e ovvio, inevitabile come respirare.
Non serve scomodare la serie Black mirror per avere riscontri: è esperienza condivisa che guardiamo molto di più lo schermo del cellulare piuttosto che gli occhi delle altre persone, e infatti quando questo accade (la performance di Marina Abramovic insegna) ci emozioniamo in modo enorme e abnorme, sorprendendoci dell’intimità di quella azione così naturale.
Ciò che passa per essere cronaca nera, o gossip, è spaventosa e pericolosa emergenza sociale, se guardata dall’osservatorio dell’educazione e della formazione alle relazioni umane. Parlo della miseria relazionale del caso privato/politico che ha coinvolto l’ex ministro, ‘vittima’ di una circe bionda, come se non fosse noto da millenni che gli uomini di potere possono anche essere bersaglio. Per lui non vale l’adagio ‘se l’è cercata’ che si riserva alle donne molestate e violentate? E che dire della vergognosa prova di virilità tossica e criminale dei due sedicenti musicisti, d’esempio purtroppo per i giovanissimi, che scambiano i tatuaggi e il linguaggio violento per potenza maschile?
Per finire con la ragazza due volte madre e due volte infanticida, la cui fonte unica è internet: dove sono finite le domande che si dovrebbero porre ad un altro essere umano per sapere, per crescere, per diventare grandi, per scegliere? Dove sono le risposte, magari pure sbagliate, ma almeno incarnate? Se per come abortire, come partorire, come vivere ci si rivolge ad una stringa sul web perché poi stupirsi se dopo il solitario parto si avvolge il neonato nella plastica e si esce per l’aperitivo?
Come è andata che ora ci accorgiamo che le generazioni più giovani sarebbero disconnesse dalla realtà, quando la loro realtà è invece quella della connessione perenne online?
Nel 2009 la media attivista, imprenditrice e scrittrice Lorella Zanardo, compose un documentario mettendo insieme 25 minuti di tv italiana, (privata e di stato), che mise gratuitamente on line. Il corpo delle donne, così si chiama il documentario, in meno di mezz’ora racchiude il mix di stereotipi sessisti e misogini che hanno normalizzato per circa 20 anni la pornografizzazione e virtualizzazione del corpo femminile, anticipando in tv quello che sarebbe successo poi nel social.
L’ultima scena, per intenderci, ritrae una giovane donna appesa come un prosciutto, marchiata sul sedere come i salumi che la circondano. E’ tratta da una trasmissione che per molti anni fu in prima serata sulla rete più seguita dal mondo giovanile, dedicata agli ‘scherzi divertenti’ fatti a personaggi dello spettacolo. Due generazioni di giovani donne e uomini hanno imparato, in Italia, da questi ‘scherzi’ proposti dalla tv la misura della popolarità e del senso dell’umorismo da esibire nei gruppi di pari. Così come il linguaggio triviale e bullizzante che rende popolari.
Non c’è da stupirsi, leggendo le cronache, se le ragazzine di 11, 12 anni entrano, ‘per gioco’, per sentirsi adulte e vincenti in giri di prostituzione minorile per esibire scarpe, borse e portafogli gonfi. Il corpo delle ragazzine sbanca su TikToc, e da lì alla piattaforma Onlyfans il passo è breve. Se chiedete a scuola quante sono le regioni italiane è improbabile che la maggioranza della classe lo sappia, mentre di Onlyfans tutti sono informati. Di cosa ci preoccupiamo quando pensiamo al benessere dei nostri figli e figlie? Ovviamente ci preme la loro salute, la loro serenità, che insomma non manchi loro nulla, ogni giorno, dal mattino fino a quando vanno a dormire. Mentre sono ancora molto piccoli tutto sembra facile: cibo, nanna, gioco, la meravigliosa riscoperta del mondo attraverso i loro occhi nuovi e i loro piccoli corpi teneri.
Poi, però, le cose si fanno difficili, sgradevoli perfino, perché con l’adolescenza, che arriva troppo presto, la società consumistica e tecnologica spinge a bruciare le tappe fin dalle scuole elementari, divorando l’infanzia e vampirizzando il suo tempo lento e magico.
E’ qui che dobbiamo, come mondo adulto, esercitare un altro tipo di responsabilità, che prevede necessariamente i divieti, i no, i limiti. Il conflitto è spesso duro e aspro.
Significa che le persone adulte di riferimento, dalla famiglia alla scuola ai luoghi dello sport e dello svago, con le ovvie sfumature e differenze, siano in grado di affrontare, capire, guidare e ascoltare l’enorme, brutale e violenta fatica insita nell’adolescere, verbo molto importante perché nella sua radice c’è il nutrimento. Chi affronta l’adolescenza si sta nutrendo e ha bisogno di cibo utile e sano: ma di cosa si nutrono i nostri figli e le nostre figlie, mentre il loro corpo cambia, e la sessualità in relazione con i corpi altrui inizia a diventare una parte importante dell’esistenza? Di internet senza alcuna guida, pare.
In questo paese servono persone adulte di riferimento non sessiste, competenti, informate, coscienti del mondo nel quale vivono le giovani generazioni, capaci di spezzare il silenzio e la solitudine in cui germoglia la violenta cultura del branco, della normalizzazione del disprezzo per la vita, della predazione sessuale spacciata per virilità. Come per la guerra, il cambiamento climatico, la disoccupazione, la violenza maschile dobbiamo capire che l’emergenza educativa alla nonviolenza nelle relazioni umane deve diventare una priorità culturale, sociale e politica, non un’emergenza occasionale che ci distrae brevemente da altre catastrofi quando l’ennesima donna viene uccisa, l’ennesima ragazzina viene stuprata o la giovane donna resta incinta e uccide il neonato. E’ in gioco il futuro della democrazia: dobbiamo persuaderci che una società che si arrende alla violenzae alla disumanizzazione diffusa e quotidiana, nella quale una parte dei suoi giovani la considera un elemento strutturale e inevitabile, va rapidamente verso l’abisso della legge del più forte, del farsi giustizia da sé, della fine di tutte le fragili conquiste di civiltà delle relazioni ottenute dai movimenti culturali e politici.
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