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Da imitatore a osservatore

Da imitatore a osservatore

I nostri figli / 5 - quinto appuntamento con l'interpretazione dei disegni dei bambini

Baldassarre Bruna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2007

Un disegno infantile può essere definito, tra l’altro, come l’insieme di segni, la cui esecuzione è determinata dall’intenzione di rappresentare qualcosa di reale, sia esteriore che interiore, a prescindere dalla rassomiglianza più o meno raggiunta. Inizialmente, il bambino rappresenta una manifestazione della sua personalità, con la relativa valenza affettiva e imita per agire come gli altri, non tanto per fare ciò che fanno gli altri. Il potere creativo lo fa sentire simile ai grandi!
Si definisce “realismo mancato” una certa incapacità di sintesi in cui incorre il bambino. Si evidenzia prevalentemente con la maldestrezza grafica, la paura del vuoto –che ricorre anche da grandi a seguito di gravi traumi-, la tangenza, il distacco, l’inclusione, l’esclusione, specifiche relazioni di posizione fra gli elementi di uno stesso oggetto (per esempio l’idea del ramo al posto del braccio a causa degli strani rapporti topologici tra dita-mano-braccio). La concezione del “realismo intellettuale”, cioè una rappresentazione che contenga tutti gli elementi reali di esso, anche se non visibili, è il passaggio successivo. Le didascalie obbediscono al realismo intellettuale, così come la trasparenza, la rappresentazione in piano, il cambiamento del punto di vista. Il concetto di sintesi è l’elemento guida del bambino per passare da una fase ad un’altra, fino a quella del “realismo visivo”. Ora, il bambino, non prima degli otto-nove anni, sacrifica la trasparenza per evidenziare solo ciò che vede da un certo punto di vista. Ovviamente ogni fase può sovrapporsi o coesistere anche dopo il passaggio ad un’altra successiva e ogni bambino si differenzia nei tempi e nelle modalità. Il periodo del disegno infantile si conclude con la rinuncia del realismo intellettuale come sistema di rappresentazione grafica unita all’intenzione di una esatta conformità all’apparenza visiva, nonostante gli ostacoli che ne possono impedire la piena realizzazione. In fondo, si tratta di un’astrazione, perché nella rappresentazione attraverso il disegno, si toglie all’oggetto tutto ciò che non è visibile. La prospettiva infantile è una combinazione tra intenzione realista e capacità sintetica.
Dopo i sette anni, il bambino, da essere imitatore diventa essere osservatore. I compiti molto astratti, cioè un tipo di apprendimento troppo staccato dall’attività corporea, interferiscono con la sua libertà creativa e con la fiducia nella vita. Lo sviluppo dei sensi di base, il senso del tatto, della vita, del movimento, dell’equilibrio, se vissuti in modo ottimale, predispongono il bambino a relazionare col mondo esterno in modo da imparare a riconoscersi tra gli altri ed accogliere le offerte del mondo esterno. Attraverso il disegno è possibile cogliere i messaggi infantili. Per esempio, un bambino con poche forze vitali, può disegnare una persona o se stesso sdraiato sul letto. Una rappresentazione di una situazione sicuramente poco attiva, che difficilmente il bambino disegna spontaneamente, se non per sottolineare un impedimento o una necessità peculiare di fermarsi. Occorre essere molto attenti rivolgendoci al bambino stesso per comprendere i suoi disegni!



Immagine . Bambino di 5 anni e mezzo (collezione Luquet). Mescolanza tra realismo intellettuale e visivo, due narici e un solo occhio, cappello in aria, cavaliere in piedi sul cavallo
(4 gennaio 2007)

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