La fotografia della situazione e alcune proposte in vista del congresso nazionale di LAIGA (Roma, 3 ottobre)
Anche in Italia si alza lo sguardo anzi forse non si è mai abbassato dopo 44 anni dalla entrata in vigore della legge 194, il 20 maggio 1978. Dobbiamo ricordare che la legge è stata molto voluta dalle donne, si è lavorato per anni con un grande movimento alle spalle, che premeva affinché ci fosse una legge. Non si è liberalizzato l’aborto ma si è solo reso possibile effettuarlo all’interno degli ospedali pubblici.
Non contenti, siamo pure andati incontro ad un referendum popolare nel 1981 che ha confermato la legge con largo consenso. Dobbiamo dire che siamo un paese cattolico ed ancora oggi non è possibile praticare all’interno della scuola pubblica un’informazione alla affettività e alla salute riproduttiva. Negli anni si sono tenuti diversi corsi con gli operatori e le operatrici dei Consultori anche andando nelle scuole, ma il tutto è rimasto a livello di iniziative sporadiche e ad oggi non sono ancora state istituzionalizzate iniziative di informazione e formazione a livello del MIUR e delle Scuole di specializzazione dei medici, delle specializzande in Ostetricia e Ginecologia ed anche degli infermieri. Bisogna anche considerare che molte Università a Roma sono cattoliche.
Le giovani donne non hanno sperimentato una conoscenza del funzionamento del corpo, come è accaduto alla mia generazione attraverso i percorsi di self-help durante gli anni delle lotte per l’emancipazione e del femminismo.
Tutto ciò non ha portato al potenziamento dei Consultori che nel Lazio sono circa 60, quando dovrebbero essere, come prevede la legge, uno ogni 20.000 abitanti.
Con il PNRR si dovrebbe investire proprio sui nuovi Consultori oltre che su apparecchiature, strumentazioni e attivazione di Case della Salute.
Un detto popolare spiega che se le donne stanno bene tutta la famiglia ci guadagna ed anche la società ne ha beneficio. Invece noi ci lamentiamo, pochissime donne pur studiando più dei maschi trovano un lavoro stabile e quando decide di avere un figlio è costretta a lasciare il lavoro per accudirlo, il risultato è che se non hanno familiari (ossia le nonne) si rinuncia alla maternità. Infatti siamo un paese con scarsa natalità. Diciamo anche che non ci sono asili nido, a Roma solo il 23% riesce ad entrare in un asilo pubblico. Con il PNRR si dovrebbe arrivare al 33%, un numero comunque basso. Poi c’è il problema dell’accesso non gratuito, cosa che prevede il pagamento in base al reddito. Dovrebbero essere strutture e servizi garantiti in modo quasi gratuito, permettendo alle donne di poter lavorare con salari decorosi.
La cornice legislativa che definisce i Consultori vede la legge 405 del 29 luglio 1975 (pubblicata G.U. 27 agosto1975 n 227). L’organizzazione dei Consultori familiari del Ministero della Salute risale all’anno 2008. La multidisciplinarità delle aree di intervento del Consultorio familiare (definite da numerose leggi nazionali e regionali) ha finalità di guardare la persona in modo olistico al fine di promuovere la salute sessuale, riproduttiva e relazione del singolo, della coppia e della famiglia, oltre a garantire l’applicazione della legge 194/78 (interruzione volontaria di gravidanza). La Regione Lazio, con decreto U00152 del 2014, riordina i consultori e la tariffa del parto a domicilio con il decretoU00152 del 12 maggio 2014. La definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) di cui l’articolo 1 comma 7 decreto legislativo 30 dicembre 1992 n 502 LEA GU del 18 marzo2017 prevede che in ogni consultorio l’Assemblea delle donne e delle soggettività LGBPT*QIA+ è un organo di proposta e controllo a livello territoriale, non è una struttura gerarchica ed è autonoma da partiti e associazioni.
Le assemblee sono uno spazio che favorisce il monitoraggio rispetto alle attività svolte dal Consultorio, favorisce iniziative aperte volte alla partecipazione delle persone attraverso azioni propositive, rispetto e finalità del servizio del Consultorio e territorio.
Ci si riunisce negli spazi del Consultorio, senza intralciare le attività, a scadenza fissa una volta al mese nello stesso orario e giorno permettendo a tutte/i di poter partecipare dopo il lavoro o la scuola. Le assemblee danno la possibilità di crescita delle persone sviscerando anche problemi collegati al quartiere e alla salute. Si crea un momento di coesione sociale e di appartenenza a quella comunità.
Circa un mese fa è stata pubblicata la relazione del Ministro della Salute sulla applicazione della legge194, relativa ai dati del 2020. Dopo due anni non propone un’idea certa del funzionamento dei servizi.
Chiara Lalli e Sonia Montegiove hanno scritto un libro “Mai dati. Dati aperti sulla 194. Perché sono nostri e perché ci servono per scegliere” (Fandango, 2022). Abbiamo bisogno di una mappa dettagliata e aggiornata, disegnata a partire da dati aperti ed ufficiali. I dati non sono freddi.
Ho trovato un’iniziativa utile alla discussione sulla relazione che viene elaborata, ogni anno i dati arrivano dagli ospedali all’ISTAT e poi vengono inviati all’Istituto Superiore di Sanità, un lavoro immenso che è stato messo in essere ai tempi di Simonetta Tosi come sistema di sorveglianza per esaminare il fenomeno della interruzione volontaria di gravidanza.
Nel 1983 le IVG erano 230.000 e nel 2020 sono 66.000: un dato che racconta una maggiore attenzione delle donne e, soprattutto, che lo spirito della legge 194 ha funzionato anche per la sensibilizzazione sulla maternità responsabile. Comunque poter accedere all’IVG, come garantito dalla legge, è sempre più difficile e in alcune Regioni diventa una corsa ad ostacoli riuscire ad accedere all’IVG nei tempi giusti. Nella nostra ITALIA l’aborto farmacologico è arrivato al 27%, le linee d’indirizzo del Ministro della Salute di due anni fa non sono state elaborate. Purtroppo in alcune Regione, soprattutto dove governa la destra, il servizio di IVG è ostacolato e a Terni con i soldi pubblici è stata costruita una culla per lasciare il bambino in anonimato.
Secondo l’OMS bisogna dare ampia informazione e accesso alla salute riproduttiva alle donne e alle famiglie ma, senza politiche mirate in tal senso, non si possono costringere le donne a gravidanza indesiderate. Nel mondo moltissime donne ancora muoiono per aborti non sicuri e clandestini, per setticemia in seguito a pratiche non sterili e non sicure.
L’aborto è un problema di sanità pubblica, è’ un problema medico e non deve diventare merce di scambio sul corpo delle donne e soprattutto non si può tornare indietro nel tempo. Sarebbe meglio fare in modo che la legge funzioni in tutte le strutture pubbliche e che alle donne sia garantito il diritto a decidere ed autodeterminarsi.
La nostra legge 194/78 ci ha permesso di lavorare bene fino a oggi, ma se le donne per la diagnosi prenatale in ritardo sono costrette a viaggiare in altri paesi allora la nostra legge non va più bene, dobbiamo cambiarla e spostare i tempi.
In Francia la legge dal 1975 è stata cambiata tre volte in pochi anni, il limite non è di dodici settimane ma di 14. Ciò vuol dire che, calcolando dal periodo del concepimento possono diventare 15 settimane poiché non si calcola dall’ultima mestruazione. Viene svolta dai medici di base e dalle ostetriche, non solo dagli ospedali e durante la pandemia è stata avviata la telemedicina senza aver avuto problemi. Anche in Inghilterra sono state fatti quasi 15.000 aborti medici per via telematica durante la pandemia. Facciamo parte dell’Europa e quindi così potremmo risolvere il problema dell’obiezione di coscienza.
Come LAIGA abbiamo preparato una lettera per il Ministro della Salute, ma essendo caduto il governo dobbiamo ricalibrare la nostra richiesta e la piattaforma con punti precisi
Chiedere un tavolo permanente presso il Ministero della Salute e mettere sul sito informazioni su dove ci sono i servizi che funzionano. Una pagina anche di informazione sui contraccettivi e sui Consultori familiari.
Le ragazze di oggi devono sapere che i diritti non sono per sempre e bisogna difenderli di giorno in giorno.
Dottoressa Giovanna Scassellati, UOSD legge 194
Ambulatorio salute riproduttiva, Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini (Roma)
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