A body that works, la serie israeliana che in 8 puntate racconta l'esperienza della maternità surrogata
La prima volta che ho notato il titolo nella piattaforma ho pensato che si trattasse di una serie sulla prostituzione, secondo la tesi che normalizza e definisce ‘lavoro’ ciò che Rachel Moran chiama stupro a pagamento.
Invece, sorpresa: la serie israeliana in 8 puntate racconta di maternità surrogata, o utero in affitto che dir si voglia, a seconda delle visioni, convinzioni e posizionamenti sull’altro tema controverso che fa litigare e crea veti incrociati nel movimento femminista.
La tesi di fondo del racconto seriale è che se da due, numero canonico che definisce la coppia genitoriale, si passa al tre come accade nella surrogacy, l’equilibrio già precario in sé si ridefinisce senza che si possa ipotizzare una mappa:la navigazione è a vista, perché si è in balia delle onde in un mare aperto emotivo inesplorato quasi certamente in tempesta.
Tre è anche il numero delle persone che hanno scritto la serie, due uomini e una donna: Shay Capon, Dror Mishani, sceneggiatori e scrittori di punta in Israele e Shira Hahad, quest’ultima collaboratrice e coautrice di un libro insieme ad Amos Oz.
Belle teste insomma, al servizio di una prova difficile: quella di raccontare in maniera il più possibile sfaccettata e onesta cosa succede a due donne e un uomo (compresi gli annessi del mondo del lavoro, delle famiglie e delle amicizie intorno) se decidono di accedere a questa possibilità per avere un figlio o una figlia.
Dettaglio non di poco conto, in Israele la maternità surrogata è permessa e regolamentata dal 1996, primo Paese al mondo a disciplinare in maniera giuridica la pratica di gestazione per altri, e a vietarla nella sua versione ‘altruistica e gratuita’, modalità che invece spesso viene evocata in Italia da chi è a favore della surrogacy. Dal 2022 la pratica della surrogata in Israele è stata estesa anche alle coppie dello stesso sesso, ai singoli e ai transessuali; nell’annunciarlo il ministro della salute Horowitz, esponente della comunità gay israeliana, disse: ”Oggi mettiamo fine all'ingiustizia e alla discriminazione. Ognuno ha diritto ad essere genitore”.
È in questa prospettiva che va letta la proposta di A body that works, che dà quindi per scontata la possibilità di pagare una giovane donna per portare a termine, dopo l’inseminazione, la gravidanza e poi di consegnare il bimbo o la bimba alla coppia.
Oltre, e accanto, al racconto di come tecnicamente si svolgono le questioni burocratiche, ovvero la scelta della portatrice, l’incontro con lei, gli accordi per il denaro e su come si debbano affrontare i vari controlli e i mesi della gravidanza la serie approfondisce sin da subito gli stati d’animo e le contraddizioni della coppia di futuri genitori e della giovane donna portatrice, con qualche accenno anche all’importanza della religione nelle vite dei personaggi, pur trattandosi di persone non praticanti.
L’altalena emotiva di ciascun personaggio è al centro dell’azione ed è accuratamente raccontata attraverso la descrizione dei caratteri: Ellie, l’aspirante madre, è una donna colta, appuntita e molto controllata, che svolge egregiamente il lavoro di editor in una casa editrice importante alle prese con uno scrittore famoso che, nel corso della serie, avrà il ruolo di sliding door per la protagonista; Iddo, avvocato e futuro padre, è un uomo paziente, un pò incerto ed immaturo, diviso tra la nuova responsabilità adulta che la paternità incipiente gli offre e la comoda dipendenza da una madre potente e molto presente.
Infine la giovane donna: Chen, già madre di un quasi adolescente avuto da giovanissima, senza madre e con un padre che ha fatto quello che poteva per crescerla sarà proprio lei, istintiva e alla fine dei conti la più matura del trio nonostante l’età, a fare emergere le contraddizioni nella coppia e a favorire l’epilogo di una vicenda di sentimenti, squilibri, desideri, bisogni e cortocircuiti emotivi che costituiscono il mosaico dell’umanità coinvolta.
Nel ritrarre donne forti e uomini decisamente più fragili di loro la serie è molto interessante perché comunque la si pensi sulla surrogacy A body that works mette a nudo in maniera schietta le contraddizioni reali che la decisione di avere un figlio o una figlia usando il corpo di un’altra donna scatena, e quali sono le conseguenze possibili di una scelta così definitiva e carica di incognite.
Lascia un Commento