Empowerment femminile e pedagogia di genere, misure indispensabili per giungere ad una piena parità e porre fine alla violenza di genere e al femminicidio
Domenica, 24/11/2024 - "C'era una volta il Principe Azzurro..."
No, non si tratta dell’incipit di una favola a lieto fine da raccontare ad una bambina, ma di un dato di realtà da trasmettere alle giovani donne, oggi, dopo tutti i fatti di cronaca che, purtroppo, ogni giorno accadono in Italia e nel mondo.
Non voglio dire che il principe azzurro o, meglio, un compagno che combaci con la nostra personalità, non esista, ma che non debba essere più l’unico obiettivo per una donna.
Dopo tutte le battaglie per l’emancipazione, vinte dalle femministe, grazie alle quali abbiamo conquistato il diritto di voto, l’accesso all’istruzione e al lavoro, la parità di genere e la libertà sessuale (solo per elencarne alcuni), il filo rosso della nostra esistenza deve essere l’empowerment femminile. Ciascuna donna deve riscoprire la capacità e il potere di affrontare i problemi e le questioni che la riguardano in modo autonomo, facendo scelte strategiche e avendo il pieno controllo della propria vita.
Solo il processo di empowerment, sia sociale che economico, garantisce parità di trattamento, rispetto e indipendenza, riduce la vulnerabilità e l’esposizione alla violenza e rende davvero concreto ed efficiente ogni percorso di fuoriuscita dalla violenza (Dire, 8 marzo 2023).
Qualche settimana fa ho visto un film di animazione che si intitola proprio “C’era una volta il Principe Azzurro” (2018). Filippo è il Principe Azzurro, quello che nelle favole salva la principessa con un bacio e vive con lei felice e contento. Filippo ha tre principesse che sono lì in attesa, una sola verrà scelta: Biancaneve, Cenerentola o la Bella Addormentata. Tre principesse che bramano lo stesso uomo...nulla di più umiliante!
In questo film, però, il principe è stanco di fare il fidanzato trofeo e decide di affrontare la Grande Prova con l’aiuto di un guidatore esperto, Lenny. Ma Lenny è, in realtà, Leonore, una ladra professionista che accetta l’incarico solo per aggiudicarsi un ricco premio in denaro. Leonore è immune al fascino di Filippo ed incarna l’archetipo di una donna forte, impavida, consapevole del proprio ingegno e delle proprie competenze. Filippo, invece, è un bravo ragazzo, responsabile, ma impacciato ed incapace di salvarsi da solo.
Finalmente un cartone per bambini che rovescia gli stereotipi di genere e le aspettative di ruolo.
È questa, a mio avviso, la rotta da intraprendere per rendere le donne ancora più sicure di sé e con una solida autostima: bisogna puntare verso una pedagogia di genere.
Lo scopo principale della pedagogia di genere è restituire ad ogni individuo che nasce maschio o femmina la capacità di auto determinare il proprio futuro. Questo discorso, ovviamente, non vale solo per l'universo femminile: anche i maschi vanno educati, fin dall’infanzia, a comprendere che non c’è un unico modello di mascolinità a cui aderire, quello del maschio alfa, per intenderci, ma una pluralità tra cui scegliere. La pedagogia di genere vuole, perciò, espandere gli orizzonti e non rinchiudere maschi e femmine nelle gabbie degli stereotipi.
Occorre, quindi, cambiare prospettiva e raccontare di principesse che si salvano da sole e di maschi che non necessariamente siano cavalieri forti, audaci e assertivi.
Questo non vuol dire che la donna non vorrà una persona al suo fianco (di certo non sarà un principe che recita un copione impregnato di patriarcato), ma un qualsiasi essere umano, pieno di difetti (proprio come lei), pronto a sostenerla, senza spingersi ad agire al suo posto o, peggio ancora, a possederla, maltrattarla o ucciderla.
Dobbiamo passare dal “C’era una volta un principe azzurro” al “C’era una volta una principessa che si salvò da sola”.
Perché "la principessa che si salvò da sola" è consapevole che viviamo in un mondo che si nutre e funziona grazie alla reciprocità, allo scambio e al confronto.
Tutto ciò è utile al fine di debellare il femminicidio, in quanto si potranno eliminare quelle gerarchie di potere su cui si fonda la violenza di genere, solo se uomini e donne vengono posti su un piano di parità, con uguali diritti, dignità e opportunità.
A cura di Nicoletta Calizia
Sociologa e Criminologa, esperta in prevenzione e contrasto della violenza di genere, protezione dei diritti dei minori e politiche del lavoro
Lascia un Commento