Bartolini Tiziana Martedi, 27/05/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2014
Affascinante. Parlare e scrivere di cultura é così: ti rapisce la parola, ti inebriano le atmosfere che il suo suono suscita e i paesaggi umani che evoca, le sensazioni che muove. E poi ti torna in mente la 'fase celebre', la teoria meta-politica secondo cui 'con la cultura non si mangia'. E tutte le magnifiche sequenze che stavamo inanellando crollano miseramente. Bentornate nella cruda realtà, quella che impone i tagli a tutto ciò che non sia strettamente 'commestibile' o gradito agli algidi controllori dell'euro-PIL che sono poco inclini a lasciarsi rapire dalle rime poetiche o dai chiaroscuri delle rovine archeologiche. Neppure da quelle più che imponenti dell'antica Roma. Ma, se tra cultura e costi la frattura non è ricomponibile, non se ne esce. Oppure facciamoci un'altra domanda. Come possiamo tramutare in risorsa economica le nostre straordinarie bellezze, amate e celebrate nel mondo e piuttosto bistrattate in casa propria? Prima di tutto rifiutiamo la retorica del 'potremmo vivere di solo turismo' perché non é vero e perché per far diventare realtà una banale e abusata affermazione ci vuole molto tempo e molta convinzione. E noi non abbiano né l'uno né l'altra. Poi cominciamo a guardare - con attenzione - ciò che ci circonda. Questo non dovrebbe costarci molta fatica: sicuramente abbiamo a portata di mano un angolo caratteristico o uno scorcio curioso; oppure spostandoci un poco - qualche fermata di autobus o al massimo un paio d'ore di treno - possiamo consentirci di passare una giornata godendo del fior fiore dell'arte a livello internazionale. Una volta auto-ri-educati all'apprezzamento dei tesori che abbiamo dietro l’angolo, potremo cominciare a rispettarli, a sentirli anche davvero un po’ nostri. L'esercitazione terminerà quando ci renderemo conto di provare amore per le atmosfere in cui siamo immerse/i, per le mani che hanno guidato geniali pennellate, per le menti cresciute nei nostri borghi e che hanno aperto strade in tante discipline al mondo intero. Se e quando saremo capaci di sentire nostro quell'insieme, gigantesco, che é definito 'patrimonio culturale', avremo anche imparato a rispettarlo. Sarà naturale, a quel punto, imporlo nei bilanci dei Comuni e dello Stato come uno dei capitoli fondanti a sostegno del nostro sentirci comunitá.
Smaltita la sbornia 'dell'egoistico apparire' degli ultimi decenni, ci siamo risvegliati più poveri, soli e smarriti. Pensarci come appartenenti ad un insieme, ad una collettività che ha il privilegio di poter ripartire da un tesoro condiviso renderebbe più agevole la risalita che ci aspetta. Un cammino così impegnativo è impensabile senza il contributo decisivo delle donne, principali fruitrici delle varie espressioni culturali nel nostro Paese. Di più: è indispensabile un loro maggiore apporto alla produzione culturale, da cui continuano ad essere troppo escluse. Impossibile, senza le donne, cambiare il passo e uscire dalla crisi.
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