“…fino a che punto lo sfruttamento di una debolezza può essere tollerato? … il medico ha l’obbligo morale di tutelare i deboli, non alimentare le loro fragilità, i loro complessi o i loro desideri per poterli sfruttare…”
Sul tema della BELLEZZA si concentra la settima edizione del Festival di Bioetica (Santa Margherita Ligure, 24 e 25 agosto) organizzata dall'Istituto Italiano di Bioetica in collaborazione con il comune di SML. Giorgio Macellari, chirurgo senologo, interviene con una relazione su 'Bellezza "naturale" e bellezza "artificiale". Opportunità e sfruttamento?' Lo abbiamo interpellato per raccogliere ulteriori elementi maturati nella sua riflessione ed esperienza.
La Bellezza è un tema universale che affascina, interroga, suggerisce, impone... lei la definisce "un'arma a doppio taglio". Perché?
Mi permetta di iniziare con una citazione. Nel Fedro Platone fa parlare Socrate. Il quale dice: “…solo la bellezza ha avuto questa sorte, ovvero di essere la cosa più appariscente e la più amabile”. Con questa frase Socrate sottolinea le due più potenti prerogative della bellezza: essere “appariscente”, il che rimanda ai sensi, in particolare alla vista; e “amabile”, il che ne fa una categoria dello spirito. La bellezza, nel suo mostrarsi, evoca meraviglia: nei sensi e nell’anima. Con quelle due prerogative, pertanto, la bellezza diventa ispiratrice di conoscenza, di sapere e di filosofia. Ecco, questo è il lato buono dell’arma. Poi c’è quello cattivo. La bellezza, per la meraviglia istintiva che innesca e per l’accesso al mondo interiore che consente, è ambita, ricercata. Può quindi accadere che chi la brama, per ottenerne le gioie sia disposto a tutto, anche alle azioni più scellerate. E c’è chi, avendone il dono, non resiste alla tentazione di farne un potere, quindi cedendola in cambio di qualcosa. Ecco: il lato dannoso dell’arma - se non la si sa maneggiare con equilibrio e saggezza - può portare alla rovina, anche alla morte.
Bellezza, fragilità e chirurgia plastica. C'è un filo che lega queste tre parole?
Spesso bellezza si coniuga con donna. Ed è su questo terreno che vorrei scendere, visto anche il mio mestiere di senologo. Oggi la maggior parte delle donne con tumore al seno ha a disposizione numerose tecniche per conservare o ripristinare la bellezza del seno: è una routine che viene offerta in automatico, con enormi benefici sia fisici che psicologici. Il problema nasce quando, al di fuori di una condizione patologica, la bellezza viene ricercata in forme esasperate, magari solo per imitare modelli esibiti. In questo modo può diventare un punto di debolezza. La fioritura esponenziale di molteplici discipline medico-chirurgiche che si sono messe vicino l’attributo “estetica” ne è la prova. Il rischio è che la debolezza legata a vanità, senso di inadeguatezza e ossessione per un corpo perfetto venga sfruttata da certi professionisti per lucrarci. La domanda etica che ne emerge è: fino a che punto lo sfruttamento di una debolezza può essere tollerato? Vorrei ricordare che il medico ha l’obbligo morale di tutelare i deboli, non alimentare le loro fragilità, i loro complessi o i loro desideri per poterli sfruttare.
Inevitabile chiamare in causa l'etica della professione medica e lei, con una lunga esperienza nella chirurgia de seno, ha certamente molto da dire anche per la drammaticità di molti casi e situazioni che avrà incontrato. Tra le varie riflessioni che vuole condividere in questa intervista le chiediamo qual è l'approccio medico più diffuso tra i suoi colleghi, se lei lo condivide e se c'è bisogno di cambiamenti nella cultura medica diffusa...
In chirurgia senologica è difficile trovare spazio per la speculazione: trattandosi di donne con una malattia da risolvere - spesso un cancro - la questione non si pone perché ci sono priorità da rispettare e l’elemento estetico riceve tutta l’attenzione che merita, ma all’interno di linee-guida condivise. Il problema riguarda invece le donne sane, condizionate dai “social” e irretite nelle maglie di messaggi promozionali - non di rado con la compiacenza di “testimonial” più o meno celebri - in cui si promettono miracoli. Ecco, qui mancano linee-guida di natura etica che dovrebbero vincolare i professionisti a non varcare certi limiti, ad esempio l’autoreferenzialità, la spettacolarizzazione delle procedure offerte o la violazione della privacy. Certo, alcuni medici possono avere la responsabilità di manipolare deboli e svantaggiati. E questo va censurato; meglio, prevenuto. Ma anche la donna può fare qualcosa, per proteggere il bene prezioso di cui è custode: sottrarsi alle lusinghe degli specchi per allodole e cercare anche nella sua interiorità i germogli sani della bellezza, quella che Socrate additava come la più amabile fra le cose.
Intervista a cura di Tiziana Bartolini
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