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Ancora in marcia, diversamente unite

Ancora in marcia, diversamente unite

Anno nuovo - Siamo arrivate al 2014. Tra problemi vecchi e questioni nuove a noi tocca, come sempre, resistere e resistere.

Giancarla Codrignani Lunedi, 03/02/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2014

Eccolo il 2014, che arriva in primo luogo ad evocare i settant'anni trascorsi dal secondo annus horribilis della guerra, quello che stava scrivendo la gloria e il martirio della liberazione dello stesso paese che, per fortuna senza guerra, dovrà lasciarsi alle spalle un secondo ventennio: dopo la tragedia la farsa. Tuttavia il 2014 subito chiede a tutti forza e coraggio per tornare alla politica pulita e liberarci dai pensiero unico e dai populismi. Come sempre, chi deve farsi carico dei disastri della crisi si racconta che le donne sono una risorsa: ci spenderemo ancora nelle resistenze restando solo staffette? Comunque, stiamo serene almeno leggendo Noi Donne. Parentesi: la crisi minaccia anche la stampa e..... per carità, dateci una mano altrimenti senza voce la serenità non canta.

Adesso, per fare le signore, raccattiamo spezzoni dalla chiusura 2013. Sapete che la gente non comperava più le super-macchinette da caffè perché era scomparso lo spot con George Clooney? e che sono tornate le vendite dopo il recupero dello spot nuovo? Come dice Papa Francesco (il fenomeno dell'anno!) "perdiamo la calma se il mercato offre qualcosa che non abbiamo ancora comperato".

Clooney è carino, ma siamo contro il consumismo e preferiamo cose più sensate. Legge elettorale, primarie del Pd, Letta, Napolitano? ne abbiamo discusso tutto il 2013 (ogni volte perdendo serenità), quindi lasciamoli lì. Anche se l'innominabile-uno, quello del cane Dudu, e l'innominabile-due, quello che usa il linguaggio come gli squadristi l'olio di ricino, ci perseguitano. E il Parlamento, le istituzioni, la Costituzione, l'Europa non si vendono se arriva un bell'attore: speriamo che la sinistra se ne accorga. Noi ce la sentiamo un po' stretta.

Pensando a noi a fine 2013 c'è stata una bella vertenza scientifica. La rivista Nature ha poi corretto il tiro, ma ai maschi gli era preso un colpo: Y, il cromosoma della loro virilità, sembrava condannato ad estinguersi - in qualche milione di anni - per graduale impoverimento del patrimonio genetico. Inutile? In realtà non è così, ma Y possiede solo 90 geni contro i 1.000/1.500 dell' X femminile. Al nostro esercito di geni è venuto da ridere, pensando alle misurazioni che fanno i maschietti tra loro: per noi ancora una volta le differenze non sono le quantità. Per questo riportiamo a bilancio del 2014 il proseguimento della campagna contro la violenza di genere (non c'entrano i geni, ma la cultura), che bisognerà mantenerla in primo piano anche quando nelle pagine della stampa non farà notizia. È tornato in discussione l'aborto. La ministra Lorenzin si è compiaciuta per la diminuzione costante del numero delle interruzioni di gravidanza e dell'"applicazione efficace" della 194. Sono di sicuro finite le morti da prezzemolo e i ferri da calza; non la clandestinità in un paese in cui a Genova un medico obiettore un paio di anni fa si è suicidato perché scoperto abortista in privato. Anche l'ignoranza è violenza: non abbiamo né vera contraccezione né educazione sessuale nelle scuole. Se a Napoli l'obiezione è all' 88,4 % e se la RU 486 costa odissee ai richiedenti, lo Stato non può accreditare la doppia morale dicendo che gli aborti delle minorenni italiane sono il 6,4 (come mai le inglesi sono il 20?). Con l'incasinamento politico persistente non sarà facilissimo.

Ma bisogna farcela a tutti i costi. Brave quelle che si sono inventate lo sciopero simbolico contro la violenza e hanno dato una mano perfino ai metalmeccanici che, con l'aria che tira, non troveranno sempre masse di lavoratori disposti a perdere un giorno di paga per andare in corteo. La crisi si fa più dura, ma le crisi rappresentano la gestazione delle trasformazioni di sistema: se il lavoro non sarà più quello di prima, non possiamo prendercela con i robot che sostituiscono l'operaio. Si potrebbe immaginare un aggiustamento graduale che sostituisse la produzione di merci con la produzione di servizi, spostando la finalità del sistema dal mercato al benessere umano. Le donne che hanno studiato l'inserimento della riproduzione e della "cura" nel Pil sarebbero già pronte.

Peccato che le crisi non facciano bene nemmeno alla psiche e la gente si deprima. Non è tempo di lotte unitarie e di proposte innovative: c'è frammentazione e le idee, nuove o anche vecchie, circolano poco. Torna a correre la voce che anche nei nostri gruppi "quando ci mettiamo, siamo peggiori degli uomini". Nemmeno qui c'entrano i cromosomi: è la miseria storica. Non esistono "mecenate" né lobbies e ci va peggio di quando tra le femministe dell'Ottocento c'erano le nobili e le borghesi dei grandi patrimoni. In altri paesi la condizione femminile è certamente peggiore della nostra e nessuna ama il peso più grave della sofferenza: la cosa più "nostra" del 2013 resta il discorso alle Nazioni Unite di Malala Yousaftzai: "io non sono contro nessuno. Né sono qui a parlare in termini di vendetta personale contro i Talebani o qualsiasi altro gruppo di terroristi. Sono qui a parlare per il diritto all’istruzione di tutti i bambini. Voglio l’istruzione per i figli e le figlie di tutti gli estremisti, soprattutto dei Talebani". Allora, "serenamente", prendiamo atto che saremo sole, come sempre; ma, almeno, non facciamoci del male: se arretriamo noi, ci sarebbero danni maggiori alle altre più lontane. Quindi ancora sole, ma "diversamente unite", non omologate e non complici. Libere? come Nelson Mandela che in ventisei anni di carcere (Malala lo sapeva già perché è donna) arrivò a capire che gli esseri umani non cambiano il mondo se si fanno forti con la violenza.



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