Martedi, 17/09/2019 - Il SalinaDocFest - Festival del Documentario Narrativo (11-14 settembre), fondato e diretto da Giovanna Taviani, ha concluso la sua XIII edizione annunciando e premiando le opere vincitrici: il premio Tasca D’Oro per il miglior documentario è stato assegnato a “La scomparsa di mia madre”, di Beniamino Barrese. La giuria, composta dai registi Claudio Giovannesi e Nicolas Philibert e dal fotografo Francesco Zizola, ha dato la seguente motivazione al premio: “Questa edizione del SDF è dedicata al tema della resistenza, e noi pensiamo che il cinema dovrebbe resistere al mondo nel quale viviamo, dove tutto deve essere visibile. Il cinema dovrebbe mostrare e nascondere per poter costruire il nostro sguardo. Abbiamo deciso, all’unanimità, di dare il premio a questa opera, che si interroga sull’immagine della donna nella nostra società e ci invita ad assistere a un doppio conflitto: quello tra il cineasta e la protagonista della storia (sua madre), e allo stesso tempo l’ambiguità di una donna che vuole essere filmata ma vuole anche negare l’accesso alla propria immagine”.
Protagonista del documentario Benedetta Barzini, la madre del regista, la prima grande top model italiana negli anni ’60, musa di Andy Warhol, Salvador Dalì, Irving Penn e Richard Avedon. Femminista militante, a 75 anni, stanca dei ruoli, desidera lasciare tutto per raggiungere un luogo lontano dove scomparire. Turbato da questo progetto suo figlio Beniamino comincia a filmarla, determinato a tramandarne la memoria.
"La scomparsa di mia madre" si è aggiudicato anche la menzione speciale WIF - Women in Film, attribuita dalla giuria composta da Kissy Dugan, Presidente di WIF, dall’attrice Valentina Carnelutti e dalla regista Antonietta De Lillo. La menzione è volta a premiare il documentario che più contribuisca a una riflessione sulla condizione femminile nel cinema, ed è stata assegnata con la seguente motivazione: “Un film che è un corpo a corpo tra madre e figlio, tra autore e soggetto, che si denudano in un generoso e raffinato atto d’amore. È un confronto vitale, che tratteggia il ritratto di una donna non ideologica ma istintivamente emancipata, che combatte le convenzioni rinnovando l’estremo e doloroso tentativo di sottrarsi all’ambiguità imperante. Una donna, e madre, che non fa sconti né a se stessa né alla realtà, come l’autore, suo figlio, che ci conferma insieme a lei, che la bellezza non è nel valore estetico ma nel principio etico. In una battaglia tra la volontà di darsi e la necessità di separarsi, i protagonisti costruiscono un dialogo intimo e urgente sulla sopraffazione dell’immagine sulla memoria, e sulla vita stessa, in un film la cui forma, ricca di espedienti narrativi insoliti e sorprendenti, coincide in modo efficace e coraggioso con il suo contenuto più profondo”.
Il Premio Signum del pubblico è andato a Freedom Fields della regista anglo-libica Naziha Arebi. Il documentario, che è stato presentato in anteprima, segue tre donne e la loro squadra di calcio nella Libia post-rivoluzionaria nell’arco di cinque anni mentre nel paese incombe la guerra civile e le speranze utopiche della primavera araba iniziano a svanire. Un film intimo sulla speranza, la lotta e il sacrificio in una terra dove i sogni sembrano un lusso, una lettera d'amore alla sorellanza e un inno al potere del ‘fare squadra’.
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