Agenzie di Urbanistica. Ne parliamo con Lucie Boissenin
Un grande amore per l'Italia. Un lavoro bellissimo in Francia. In questa intervista parliamo di urbanistica, cittadinanza attiva, politiche del territorio e voglia di fare
Mercoledi, 11/10/2023 - Lucie Boissenin è una giovane francese innamorata dell’Italia, da quando ha avuto la possibilità di venire a studiare nel nostro Paese per completare la sua tesi di dottorato in architettura (vedere qui: www.theses.fr/2020GRALH022). Ora lavora in Francia, in una Agenzia Urbanistica catalana, situata nella Provincia dei Pirenei Orientali, precisamente a Perpignan.
La Provincia dei Pirenei Orientali è anche chiamata la Catalogna Nord, perché fino alla metà del Seicento era spagnola ed in questo territorio permangono molto forti tracce della cultura e della lingua catalana. L’Agenzia, ci spiega Lucie, prova anche a lavorare su progetti transfrontalieri con diversi partner istituzionali catalani (spagnoli).
Mi ha molto incuriosito l’ambito lavorativo di questa giovane donna, che in Italia una volta mi ha parlato delle Agenzie Urbanistiche francesi, che fanno da raccordo tra gli enti pubblici, gli studi privati, le associazioni, i consorzi, allo scopo di rivitalizzare e riqualificare i territori sui quali si trovano ad operare.
Ho rivolto qualche domanda a Lucie Boissenin che, tra l’altro, parla benissimo la nostra lingua.
Tu lavori in una Agenzia di Urbanistica che oggi è un campo molto in espansione in Francia. In cosa consiste il lavoro di queste agenzie?
Credo sia abbastanza vecchia l’idea, in Francia, della necessità di “equilibrare” il territorio francese, di creare lo stesso livello di servizi, un’economia fiorente, in tutte le regioni. Nasce in particolare, dalla Seconda guerra mondiale, la consapevolezza che ci sono troppe disparità tra Parigi e le province, e da allora i governi successivi hanno provato a colmare le differenze di sviluppo e di accesso ai servizi.
Questa volontà politica ha portato, nel corso del tempo, a costituire in Francia una vera e propria “filiera lavorativa” nel campo dell’amministrazione territoriale, che chiamiamo solitamente “l’ingegneria territoriale”. Ingloba sia i dipendenti delle pubbliche amministrazioni (comuni, unioni di comuni, province, regioni), ma anche di altri enti come i Parchi Naturali Regionali (una cinquantina in Francia) e vari consorzi che gestiscono fiumi, foreste, ecc. Ci sono anche studi privati, che forniscono supporto alle pubbliche amministrazioni, e le agenzie di urbanistica, un po’ a cavallo tra pubblico e privato.
Le agenzie di urbanistica sono delle associazioni. I dipendenti sono esperti di urbanistica, di architettura, di paesaggio, di ambiente, di economia, ecc. Nascono generalmente da una volontà politica, in un dato territorio, di creare la propria struttura di esperti capaci di accompagnare le trasformazioni delle città e dei paesi.
I comuni del territorio aderiscono (contribuendo finanziariamente) all’associazione e poi la retribuiscono per ogni missione specifica che viene chiesta agli esperti (analisi del territorio, proposte di riqualificazione di spazi urbani, stesura di documenti di pianificazione, ecc.). L’agenzia realizza anche una missione generale di osservazione delle dinamiche del territorio, raccogliendo, creando dati quantitativi sul territorio e mettendoli a disposizione dei suoi soci.
Nella tua agenzia la componente femminile è molto presente?
I due terzi degli impiegati (siamo una trentina in totale) è costituito di donne.
Perché questo è un lavoro che attira molto le donne?
Non credo ci sia qualcosa che attira particolarmente le donne in questo mestiere. Primo, non facciamo tutti lo stesso lavoro, ma ci sono diversi mestieri rappresentati all’interno dell’agenzia. Poi direi che l’architettura, l’urbanistica e la pianificazione territoriale sono campi in cui, ormai da decenni, le ragazze che frequentano l'università sono più numerose dei ragazzi. Sembra normale poi ritrovare tutte queste donne nel mondo del lavoro, nei mestieri che hanno studiato.
Quali sono i vostri orari di lavoro?
Lavoriamo 37 ore a settimana. Dobbiamo essere in ufficio per forza dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 17. Il resto del nostro tempo di lavoro è flessibile. Io per esempio scelgo di arrivare più presto la mattina e di ridurre la mia pausa pranzo e c’è chi sceglie invece di restare più tardi la sera, ecc.
Sono previste trasferte di lavoro all’estero?
Non ci sono trasferte all’estero, principalmente perché lavoriamo con il territorio dove siamo stabiliti (Pirenei Orientali, Auda e Herault). Nell’ambito di progetti transfrontalieri, ci sono a volte appuntamenti o riunioni in Catalogna, ma sempre con andata e ritorno nella stessa giornata.
Tu hai svolto parte dei tuoi studi in Italia, nel territorio dell’Irpinia. Cosa ti è rimasto di quella esperienza e come credi che si potrebbe intervenire per migliorare la vivibilità di quel territorio?
Mi ha colpito molto l’impegno degli abitanti delle aree interne, in particolar modo in Irpinia, dove si rimboccano le maniche per trovare soluzioni, innovazioni per fare vivere il loro territorio, attraverso associazioni, microimprese ecc. Però ciò significa anche l’assenza dello Stato, o almeno la sua presenza insufficiente a rispondere ai bisogni di questi territori.
In Francia la situazione è molto diversa. C’è ovviamente anche qui un po’ di cittadinanza attiva, portata però avanti per altri motivi, non per “salvare la propria terra” ma per costruire modi di vita alternativi, con meno risorse, di ritorno alla terra per esempio. Lo Stato francese è anche molto più presente. Offre vari finanziamenti ai comuni (anche se per molti, non è mai abbastanza) per realizzare progetti (spazi urbani, scuole, ecc.) ma anche proprio in ingegneria, per aiutare i comuni a pianificare i loro investimenti ed avere una strategia coerente di sviluppo e di transizione ecologica.
Detto ciò, non credo che l’Italia debba diventare come la Francia. Abbiamo una storia e una cultura diverse. Poiché lo Stato è molto presente, noi tendiamo a pensare che le istituzioni hanno la risposta a tutto e devono provvedere a tutto. Ma il cittadino aspetta sempre la risposta dello Stato, mentre a volte, è lui la persona migliore a conoscere la situazione, il territorio e quindi ad agire. C’è sicuramente modo di trovare una via di mezzo: avere uno Stato italiano più presente senza rinunciare all’impegno degli abitanti.
Dunque, un discorso di cittadinanza attiva…
La cittadinanza attiva è una forza immensa per l’Italia. Io sono davvero ammirata da tutte queste persone che investono quotidianamente tempo ed energia per fare vivere la propria terra. È tempo che lo Stato italiano riconosca questa forza e ne sostenga le dinamiche. Per esempio lo potrebbe fare accompagnando le numerose iniziative dal basso, con ingegneria e finanziamenti, senza sostituirsi ad esse: aiutare le microimprese, aiutare gli abitanti a finanziare i loro progetti, che a volte richiedono forse 10.000, o 20.000 euro per avviarsi: comprare un locale, terreni agricoli, attrezzi e materiale professionale, ecc. Non parliamo di distribuire milioni a pioggia! Sarebbe poi un bel messaggio lanciato a chi ha voglia di investire tempo e soldi in Italia, un messaggio di fiducia che dice “si, c’è posto per te qui nella tua terra e t’incoraggio a realizzare i tuoi progetti”.
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