Dal carcere -
DEDICATO A MIO PADRE
Quando sarò troppo grande per ritornare piccola, starò più tempo nel lettone dei miei. Quando ritornerò bambina la mia valigia sarà troppo stretta per contenere tutti i libri che amo.Quando ritornerò ancora piccola la mia pelle diventerà più morbida per sentire meglio i baci e le carezze, e averti ancora vicino, e mi piacerebbe continuare ad andare a cavallo e cadere ancora. Quando sarò di nuovo piccola voglio che mi restino questi occhi che fecero incantare papà mio, e se sarò così bambina non avrò più rughe di tormenti, di passioni, di pianti e di gioia. Mi piace pensare che non sarò poi così grande per poter dire un ‘ti voglio bene per sempre’. E vorrei che tu, quando sarò di nuovo bambina, mi crederai di più.Quando sarò di nuovo piccola vorrei ricominciare a dimostrarti che ti amo come ho sempre fatto.
LAURA
LA COMODA PERMANENZA NELL’HOTEL A 5 STELLE …
Ecco è il 2 gennaio 1951. Sono circa le ore 18 e succede che si interrompe la mia comoda permanenza nell’Hotel a 5 stelle: il ventre adorato di mia madre. Bella, adorabile, mamma mia !!!
Me la ricordo da che ho memoria, nel prosieguo del lungo viaggio della mia vita. Sì, perché la mia vita è stata, ed è, un meraviglioso viaggio ……
Arrivo a casa di Cesarina - questo è il nome della mia adorata mamma - a Trastevere e mi trovo in un posto molto rumoroso, con dei bambini che corrono e piangono e ridono e fanno un casino infernale.
Sono tre, i miei fratelli. Anzi, due sorelle - Lucia e Iole - ed un maschio, mio fratello Checco, “Francesco”.
Poi da un altro lato della grandissima stanza arrivano dei rumori assordanti di ferro, e c’è un uomo carino, piccolo, con un grembiule nero che odora di qualcosa di forte. È il mio dolcissimo papà che lavora nel suo angoletto e usa martello, chiodi, mastice e pelle. Sì, perché il mio tenero papà faceva il calzolaio. Che bella era la mia famiglia!!!
L’albergo, certo, era molto diverso dal primo (il ventre di mamma..). È meno comodo, più rumoroso, ma bello……
Poi nel febbraio del 1956 in quel triste viaggio persi per sempre il mio dolcissimo papà. Era esattamente il 14 febbraio del 1956, e Roma era tutta coperta di neve (…tutta pulita e lucida che brillava per me e moriva per te)…
Io a quei tempi non me ne rendevo conto cosa fosse la morte e cosa fosse l’amore. So solo che se in quel viaggio da Trastevere ad Acilia non ci fosse stata mamma Cesarina , donna e mamma di ferro e panna nello stesso tempo, io sarei sparita con mio papà.
ANNA MARIA
MI CHIAMO MAURIZIA
Sono nata l’8 marzo, se ricordo le parole di mia madre e mio padre “tutta di giallo come una mimosa”. Ora i miei non ci sono più ma la loro dolcezza e amore che mettevano in quella frase chi se la scorda più. Di mio padre, da quanto lo adoravo, ero tremendamente gelosa. Ma di lui ho preso tutto: lo sguardo, la fierezza, l’orgoglio. Mia madre? L’umiltà in tutto.
Sono nata dopo 14 anni dall’ultimo fratello. Mia madre era in menopausa; che colpo!!!
Ricordo ancora le mie marachelle, la mia paura di essere scoperta, la prima sigaretta! Oddio no! No la prima sigaretta e il primo schiaffo da mio padre. Ancora mi fa male il viso!
Poi la vita si stravolge, io perdo i miei e divento mamma. La santa frase di mia madre: “ Figli piccoli, pensieri piccoli, figli grandi pensieri grandi!”
E ora il ciclo continua. Ho due figli: MARONNA MIA! Chi si innamora, chi si lascia e mamma dove sta? In carcere… ma come una fenice risorgerò dalle mie ceneri e tornerò a pensare: bambini si nasce, MAMME si diventa per sempre!
MAURIZIA
MAMMA MAGA
Se io fossi una mamma maga
metterei un cagnolino in ogni casa
in ogni appartamento
un cagnolino su misura
non calce o di cemento
magari un piccolo bastardino
di colore variopinto
con il pelo che si spettina
ad ogni attimo di vento
con le orecchie tese ad ascoltare
con lo sguardo attento
che sa incantare
perfino con la voce
perché ti possa cantare
che sappia di atmosfera magica lunare
e che ti accompagni nel tuo andare
Poi con la mia bacchetta
me ne andrei a fare magie in tondo
per tutte le vie del mappamondo
vorrei che oggi non piangesse
un solo bambino
che ci sia sempre un sorriso
sul volto del bianco, del giallo
e del morettino
Con i cani sparsi nel mondo
tutte queste belle cose
accadranno facilmente
perché nessuno come loro sa donare
amicizia e fedeltà
senza in cambio niente
con una cuccia, un po’ di cibo
un osso ed una passeggiata
la loro stima è assicurata
gli occhi lucidi ti guardano
cercando di capirti sempre
tu pensi che sia il tuo protetto
ma è lui che si siede
porgendoti la zampa
e cercando il tuo affetto
È così che ti strappa un sorriso
contagioso
ma anche doveroso
in questo mondo così difficoltoso
Ecco, questa è mamma maga,
le magie si fanno
almeno una volta all’anno!
LOREDANA
E SE AVESSI UNA BACCHETTA MAGICA?
Se avessi una bacchetta magica vorrei tanto usarla per mettere nel cuore degli esseri umani tanto amore per l’umanità e in primis per i bambini di tutto il mondo affinché non soffrano più.
E vorrei entrare nella mente di quelle persone che non vogliono la pace ma la guerra, che fanno del male ai bambini, li costringono a diventare soldati o obbligano le bambine a sposarsi.
Se potessi avere una bacchetta magica vorrei far scomparire all’istante tutto questo e vorrei continuare a far capire ai miei figli quanto li amo e fare in modo che tutto ciò che sta succedendo ora nella nostra vita non sia solo tempo sprecato ma sia un tempo che mi farà diventare una persona migliore.
Ma siccome non ho una bacchetta magica userò la mia fede, che mi sta già aiutando moltissimo, a vedere che chi ride è vincente.
SONIA
RICORDI DALLA TANZANIA
Ero ancora una bambina di 10 anni quando mia mamma era una contadina e mi faceva imparare come zappare la terra. Ha voluto comprare il suo terreno per costruire una casa, mentre prima abitavamo in una casa per cui ogni mese pagavamo un affitto. A quel tempo lavorava in un benzinaio. Avevamo pochi soldi, quello che guadagnava non bastava per comprare una casa. Poi ha iniziato a fare la contadina e vendeva mais, banane, riso per farci vivere bene a me e mia sorella. Mia madre lavorava come un uomo e ci diceva “figlie mie, sto facendo questo lavoro per voi. Sapete che vostro padre ci ha abbandonate. Ci sono solo io a crescervi. Anche vostra nonna mi ha insegnato così. Sarebbe voluta vivere fino ad adesso, così anche io con voi mi sento ancora una bambina”… La mamma è per sempre.
HIDAYA
LE FIABE DI MIA NONNA
Forse io bambina non lo sono mai stata e se lo sono stata lo ricordo poco. La cosa che mi ricordo di più della mia infanzia è il grande amore che portava la mia nonna materna quando entravo nella sua casa, o lei nella mia. Tutti i giochi e le fiabe che raccontava a me e mia sorella mi facevano sognare a occhi aperti e quando mi portava al cinema delle parrocchie (che ora non ci sono più) con un bel maritozzo con la panna e la bottiglietta di coca cola!
Mia madre e mio padre sono stati sempre incostanti con il loro amore. Mia madre ci organizzava feste di compleanno e ci portava a fare ogni tipo di sport. Invece quando passavo un giorno con mio padre mi sembrava di volare perché non era spesso e quando accadeva inventava per me e mia sorella un giorno bellissimo. Ci portava all’aeroporto dell’Urbe e ci faceva fare il giro di Roma con il pilota. Era fantastico abbracciarlo. Mi ha insegnato l’amore per i cavalli e avevo 4 anni quando mi ha insegnato a montarli.
Fino a una certa età mio figlio è stato la mia ombra; gli davo amore, giochi e valori. Poi la tossicodipendenza mi ha un po’ allontanato da lui e ringraziando Dio lui ha fatto tutto l’incontrario della vita che ho fatto io, anche grazie al grande aiuto che mi hanno dato i miei genitori.
Ora ha 25 anni ed è un ragazzo sano e pieno di valori e di principi! Mi ama ma è molto arrabbiato con me perché l’ho lasciato un’altra volta solo e me l’ha fatta pagare a suo modo. Il più terribile, venendo a trovarmi molto poco. Ma vi do una grande notizia: sta venendo più spesso ed è felice di parlarmi al telefono!
LAURA
BAMBINI, BENE ASSOLUTO DI TUTTE LE GENERAZIONI
Era bellissimo, erano tempi in cui a scuola si andava a piedi e da soli, o in compagnia di sorelle, fratelli, amici. Di bambini eravamo tanti, di automobili pochissime, quindi il pericolo non c’era.
Io andavo a scuola dalle suore assieme alle mie sorelle e portavamo il grembiule bianco con un grande fiocco blu. A me la scuola piaceva molto. Si studiavano le poesie a memoria e le tabelline con le suore (maestre che se non studiavi ti mettevano in castigo dietro la lavagna.
La scuola era la seconda famiglia. Nel periodo di Natale mi facevano fare la recita e la letterina da mettere sotto il piatto dei genitori la sera di Natale, cioè di mia madre.
Tutte cose oramai superate dalla troppa tecnologia e dalla corsa al consumismo. Non si prova più gioia e soddisfazione per le piccole ma grandi cose.
ANNA MARIA
LA GIOIA E LA SPERANZA
Se frugo nei ricordi della mia infanzia, mi accorgo di non averne moltissimi, se non una dolce filastrocca che mio padre scrisse per me e che iniziava più o meno così: “Nella via Lomellina, c’era una volta una bambina e chiama vasi Danina quella dolce birichina, era la gioia di mamma e papà…” e proseguiva con altre strofe baciate …. Non ricordo altre storie, altre favole, ci penso molto perché mi manca il ricordo di una voce conosciuta che per farmi addormentare mi parla di fare turchine e di magici castelli, ma anche di orchi cattivi finiti miseramente per non arrecare più danno a nessuno. Pensando ai bimbi di oggi, immagino le loro mamme raccontando storie meno fantastiche dove non esistono fate buone, ma sì moltissimi orchi: c’è l’orco puzzolente coperto di polvere e vestito di stracci, l’orco MISERIA; c’è l’orco sempre affamato, che mangerebbe qualsiasi cosa che incontra, il suo nome è FAME; c’è l’orco che esplode all’improvviso travolgendoti quando meno te lo aspetti e ti dilania riempiendoti di chiodi, l’orco GUERRA; poi c’è quello che si manifesta generoso promettendoti aiuto, riparo, perfino danaro, ma che una volta attratto ti sfrutta e ti schiavizza, l’orco SFRUTTAMENTO; ce ne sono moltissimi altri innominabili tra cui l’orco BULLO che per rendersi importante agli occhi dei compagni ti perseguita e ti minaccia; ed infine ce n’è uno tutto blu che sembra pacifico, ma che quando pensi di essertelo fatto amico, ti travolge e ti inghiotte con la sua bocca profonda e piena di onde e si chiama IMMIGRAZIONE.
Immaginiamo attorno al mondo un girotondo di bimbi di ogni razza, religione e condizione, uniamoci alle loro mamme.
Teniamoli per mano questi bimbi e queste bimbe che, una volta adulti, ricorderanno tutti con dovizia di immagini terribili, di essere stati bambini e incominciamo a narrare, non sottovoce ma con il tono di interpreti consumati, fiabe popolate di gioia e di speranza dove esistono mille fate buone che con la loro bacchetta magica vincono tutti gli orchi malvagi esistenti, chiaro con molto lavoro, ma con la comune volontà che è il vero motore del mondo.
LOREDANA
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